Cultura e Spettacoli
Sabato 16 Maggio 2009
Una comasca sfida
Goldoni a Parigi
Grande successo per la "Trilogia della villeggiatura", messa in scena dalla drammaturga che vive da 20 anni in Francia, per la prima volta dopo l'avventura di Strehler
Teatro strapieno, alcune sere fa, a Parigi ai Grands Boulevards per la prima della "Trilogia della Villeggiatura" di Goldoni, traduzione e regia di Carlotta Clerici, autrice e regista comasca attiva a Parigi da quasi 20 anni. Una sfida non da poco («una follia»), se si pensa che la "Trilogia" fu rappresentata per la prima volta alla Comédie Française nel 1984 e allora il regista era nientemeno che Giorgio Strehler... ma Carlotta sorride sicura: «Non ho visto lo spettacolo di Strehler, ho voluto affrontare il testo pura, senza suggestioni. Questo è il mio Goldoni». Lo spettacolo sarà in cartellone fino a settembre al Théâtre du Nord-Ouest, Montparnasse.
Carlotta, perché Goldoni e perché la «Trilogia»?
Mettere in scena "La Trilogia" di Goldoni è un sogno antico. Goldoni è un autore che mi tocca profondamente, per la maestria con cui è capace di unire nelle sue opere il tragico e il comico, lo sguardo tagliente e disincantato sulla società, il sorriso compiacente di fronte alle debolezze umane. La "Trilogia" in particolare rappresenta sapientemente l’umana frivolezza e la malinconia della decadenza. Questi aspetti ho voluto valorizzare nel mio spettacolo.
Più che una traduzione, dunque, il suo Goldoni è un adattamento d’autore...
Il testo della "Trilogia" è lungo e io ci tenevo a proporre le tre parti consecutivamente: ho dovuto dunque tagliare perchè lo spettacolo fosse fruibile. Ho puntato all’attualizzazione e ho tolto tutto quel che era residuo della Commedia dell’Arte, per esplicitare piuttosto la critica sociale. Così ho eliminato un personaggio, ridotto il numero delle comparse: i domestici per esempio nel testo originario sono numerosissimi, io ne ho conservata solo una coppia, ma con uno spessore psicologico maggiore: è lo sguardo attento e silenzioso sul declino di una società.
Perché ha scelto di trasporre la storia dal XVIII secolo agli anni 30 del ’900?
Quando metto in scena un classico, tendo sempre a portarlo al contemporaneo. Ho trasposto la "Trilogia" negli anni ’30, e non ai nostri giorni, per restituire il gioco delle classi sociali, ma soprattutto l’atmosfera di declino, attesa, paure e speranze quale fu fra le due guerre: le vacanze affettate e per nulla spensierate della "Trilogia" sono le ultime vacanze prima della guerra, dove speranza e desiderio di pace si mescolano al presentimento di una catastrofe...
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