Cultura e Spettacoli
Sabato 30 Maggio 2009
Compiti delle vacanze
tra Patria & Propaganda
Un singolare ritratto dell'Italia nei libretti compilati dagli alunni delle scuole elementari nel Ventennio, nella ricerca di Elena D'Ambrosio, che ha studiato i documenti conservati all'Istituto Perretta di Como
Mancano ormai pochi giorni alla fine della scuola. Scolari e studenti, impegnati nelle ultime verifiche e interrogazioni, sono già pronti ad assaporare gli ozi e i divertimenti delle ferie estive, mentre l’attesa si fa più lunga per chi deve sostenere gli esami. Ma soprattutto i poveri scolari, dovranno presto fare i conti con il famigerato "libro delle vacanze" (anche più di uno!). Quello sì, non va in vacanza, e se è l’incubo dei bambini di oggi, lo è stato per tante generazioni di scolari. L’Istituto di Storia Contemporanea «Pier Amato Perretta» di Como nel suo ricco Fondo di manuali e quaderni scolastici relativi alla scuola primaria, per la maggior parte di epoca fascista, conserva alcuni libretti delle vacanze davvero interessanti, naturalmente molto diversi da quelli odierni. Il fascismo considerava la scuola, specie quella primaria, un formidabile veicolo di propaganda della sua ideologia, lo strumento fondamentale per l’organizzazione del consenso di massa. L’obiettivo era chiaro: formare il cittadino-soldato, secondo un progetto di dominio totale della personalità individuale, comune del resto a tutte le dittature.
In questo processo di indottrinamento, la scuola era coadiuvata dall’Opera Nazionale Balilla (Onb) che inquadrava tutta la gioventù italiana. Il "testo unico di Stato" introdotto a partire dall’anno scolastico 1930-1931, segnò la fine della autonomia didattico-educativa degli insegnanti. Anche questi libretti di «esercitazioni per gli alunni in vacanza», generalmente di piccolo formato, diventarono strumenti attraverso cui far passare il sistema di valori celebrato dalla retorica fascista. Il libretto in uso nel 1935, destinato agli alunni di seconda elementare, è denominato "Le vacanze del balilla" (di Enrica Graziani). Il titolo e la copertina, sulla quale spiccano un balilla con moschetto e una piccola italiana, mentre sullo sfondo giganteggia il profilo inquietante del duce con l’elmetto e in basso un libro aperto reca scolpita la celebre frase di Mussolini: «Credere-obbedire combattere!», anticipano un contenuto estremamente ideologizzato e spesso tendente allo stravolgimento della realtà al servizio della causa fascista, come nel caso di questa lettura del giovedì (prima settimana), "Sono Balilla": «Il babbo mi ha iscritto nell’Opera Nazionale Balilla. Ora io sono un piccolo fascista. Devo quindi essere ubbidiente, operoso ed ardito, per diventare un giorno un bravo soldato. Devo essere d’esempio ai miei compagni, per dimostrarmi degno di portare la Camicia Nera. Io so che la Camicia Nera è simbolo di valore e di sacrificio, perché i giovani che per primi la indossarono, esposero la loro vita combattendo contro i cattivi italiani, che non volevano più lavorare e che stavano per condurre in rovina la Patria. Io amo l’Italia, il Re ed il Duce!». Nel volumetto, tra brani che esaltano la Patria, la famiglia, la buona e sana vita contadina e l’esperienza fortificante nelle colonie marine e montane dell’Onb, compare ancora una poesiola di Lina Schwarz, scrittrice ebrea che verrà censurata, alla stregua di tutti gli autori ebrei, con le leggi razziali del 1938 e la "bonifica" libraria voluta dal ministro dell’Educazione nazionale Bottai. Ancora più smaccatamente propagandistico è un libretto del 1939, "Senza sosta", di Tito Verderi, per gli alunni della terza classe. In copertina sono raffigurati due balilla in marcia. Uno brandisce un gagliardetto, l’altro che gli è accanto sembra di colore. Forse si tratta di un balilla etiope. E in effetti all’interno, oltre ai ritratti encomiastici del duce e del re e alle consuete tematiche, compare il motivo imperiale, la conquista dell’Etiopia. Si invitano gli scolari a disegnare un tucul abissino e a copiare in "bella scrittura" l’iscrizione scolpita sulle lapidi affisse in ogni Comune a ricordo delle sanzioni.
La fondazione dell’impero fa da sfondo anche ai problemi di aritmetica: «Da Asmara ad Addis Abeba vi sono km. 1200. Quanti m. vi sono?»; o ancora: «Una partita di caffè etiopico di q. 46 fu pagata L. 35 il Kg. A quanti Kg. equivaleva quella partita? Quanto costò in tutto?». Non manca l’esaltazione della "stirpe italica" che assumerà sempre più i connotati della propaganda razziale. Lo scolaro deve farsi dettare questo brano: «Ricordati, o fanciullo, che sei italiano. Ricordati che la tua è una razza di guerrieri, di artisti, di navigatori e di santi. Ricordati che nelle tue vene scorre il sangue puro degli antichi abitatori di Roma. Siine orgoglioso e geloso! Ricordati che la tua è una razza di uomini grandi. Con le tue azioni perciò renditi degno dei tuoi superbi antenati». Motivi guerreschi si trovano in un libretto per gli alunni di seconda, stampato nel 1941 in piena guerra mondiale. Insieme alle immagini di bombardieri in missione di guerra e di alpini sul fronte greco-albanese, una lettura celebra «i nostri valorosi soldati che combattono da molti mesi in terra, nel cielo e sul mare». Ma la vera "chicca" è un brano in cui viene esaltata la figura del re. Buona parte del testo è cancellato con tratti di matita e sempre a matita sono aggiunte frasi per nulla edificanti nei suoi confronti. Questo è il risultato finale: «Il nostro re è un traditore. Si chiama Vittorio Emanuele III dei cretini. È re di un bel niente. È chiamato dal popolo Re traditore, tonto e fellone, servo dell’Inghilterra». La correzione è opera dello scolaro ed stata fatta sicuramente dopo l’8 settembre 1943, con la firma dell’armistizio con gli Alleati, la precipitosa fuga del re a Brindisi e la successiva costituzione della Repubblica Sociale Italiana. L’ipotesi più probabile è che lo scolaro, residente in ogni caso nel Nord occupato dai tedeschi, sotto il governo repubblichino, abbia ripreso in mano quel libretto per gioco e sulla scorta di questi eventi, imbeccato dalla propaganda fascista, si sia divertito a modificare il testo.
(* Storica e ricercatrice)
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