Cultura e Spettacoli
Mercoledì 03 Giugno 2009
Un rebus poetico
per Giovanni Lischio
Il 4 giugno alle ore 16, all’Università della Terza Età di via Palestro 17, a Como, verrà presentato l’ultimo libro del poeta Giovanni Lischio «Donna di fiori» (Editoriale Lombarda, 79 pag., 9 euro), qui recensito: sarà presente l’autore e Giorgio Mascheroni leggerà alcuni componimenti.
Dove può vivere uno che da una vita si diverte a manipolare le parole e a spremerne tutte le armonie e i significati possibili? Dove può vivere un funambolo dei versi e delle rime che ha sperimentato tutte le forme metriche possibili, per dar corpo in modo non banale alle sue passioni, ai suoi sogni, alle sue rabbie e alle sue emozioni? Può vivere solo a Onno, sì, il paese che si affaccia sul lago, che in quel punto sembra il mare, d’accordo, ma anche, per quello che qui ci interessa, uno dei pochi paesi al mondo che hanno un nome palindromo: un nome che si può leggere non solo da sinistra verso destra, ma anche da destra verso sinistra, cioè al contrario, restando sempre la stessa parola, un nome raro, come "Anna" e "Ada" e nomi meno rari, come "otto", "anilina", "onorarono", "ossesso". Cosa fa a Onno questo signore, che è stato docente di italiano, adorato dai suoi allievi? Per quello che qui ci interessa, scrive: come sempre, del resto, nella sua vita. Di sé, parafrasando scherzosamente Dante, dice: «Io, mi son un che quando mi gira, esco a passeggio e cammin facendo vado componendo alla meno peggio». Quando l’ho conosciuto, tanti anni fa a Como, scriveva epigrammi: componimenti brevi in cui, in modo ironico e satirico, esprimeva il suo modo di vedere la vita, inducendo il lettore al riso e anche alla riflessione. Fu, quello che li raccolse, il suo libretto d’esordio, e tutti l’apprezzammo sia per la perfezione formale dei versi - elemento fondamentale di ogni poesia - sia per la forza che li animava. Poi, oltre le fiabe e racconti in prose e in versi, ha scritto e pubblicato liriche tanto intense quanto suggestive: in versi liberi da qualsiasi schema, in forma di terzine dantesche, di quartine e di sonetto. Se vado a controllare i suoi titoli nel cantuccio della mia libreria che gli ho dedicato tra i poeti contemporanei, resto stupito della quantità di libri che ha scritto e dell’eleganza delle edizioni. Sono andato in Biblioteca a controllare che cosa avevano loro e ho visto che avevano i miei stessi volumi: vuole dire che sono stato il fortunato destinatario di tutti i suoi lavori. Ogni libretto che mi mandava era una sorpresa: una novità che dapprima mi incuriosiva e poi mi coinvolgeva nella lettura. Lo stesso è successo con l’ultimo suo libretto: una raccolta di haiku. Sperimentate tutte le forme poetiche del mondo occidentale, in effetti, non poteva non approdare a quelle piccole miniature della lirica giapponese che rinchiudono nel breve giro di pochi versi tutto un mondo: tre versi, rispettivamente di cinque, sette e cinque sillabe, per un totale di diciassette sillabe. Una forma difficile, già cara, per la sua densità musicale e concettuale, ai poeti ermetici europei, che il Nostro maneggia con risultati straordinari. In primo luogo, sul piano ritmico-musicale, in quanto modula i singoli versi in modo tale che spesso i due quinari si saldano al settenario centrale, dando luogo a un endecasillabo, ora del tipo quinario + settenario, ora del tipo settenario + quinario: ne risulta un ritmo del tutto particolare che l’aggiunta di una rima o di una rimalmezzo sigilla in una musicalità lieve. In secondo luogo, sul piano del contenuto: ogni haiku è un omaggio a una misteriosa persona femminile, di volta in volta paragonata a un fiore o a un albero: <+G_CORSIVO>Tu sei l’abete/superbo per altezza,/bellezza e quiete./Sei l’amaranto/che porta impresso amore/rossore./Sei l’azalea/che sfoggia le sue grazie/come una dea<+G_TONDO> e così via, con la begonia multicolore, che è «il fiore del primo amore», la bella di notte, che è accompagnata in cielo dalle «stelle a frotte», il calicanto, che «ispira il canto», il fiordaliso, che ha «il colore e il profumo/ del paradiso», il giacinto, che «il sorriso d’amore / porta dipinto», la forsizia, «bella come l’attesa / di una primizia» e così via, per un totale di 267 componimenti: un poetico catalogo di fiori e di piante dedicato a una donna di cui fiore dopo fiore, pianta dopo pianta, haiku dopo haiku, viene tratteggiato un ritratto impareggiabile, costruito per aggregazioni di elementi fisici, spirituali, morali e sentimentali: un grande e vivo ritratto a mosaico, di cui ogni componimento è una tessera. Chi è questo maestro delle parole e dei versi? Chi è questo galante poeta innamorato? Il suo nome è Giovanni. Il suo cognome è una parola bisillaba cui basta mutare la consonante iniziale per ottenere parole di significato completamente diverso: Fischio, Mischio, Rischio, Vischio. Il suo nome e cognome, dunque, sono Giovanni....... (7 puntini per 7 lettere). E chi è la donna cui sono dedicati questi versi tanto amorosi quanto profumati? Io non lo so, ma so che non la si può scoprire con un gioco linguistico.
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