Cultura e Spettacoli
Mercoledì 03 Giugno 2009
Le nozze di Emilia
Una storia del 1912
Al Museo Storico del Tessuto di Como, presso la Fondazione Ratti, è esposto il corredo di una ricca signora comasca, perfettamente conservato: racconta la condizione della donna più intimamente di qualsiasi saggio storico.
Busti con stecche di balena, stringi-seno, mutandoni e giarrettiere che segnano le gambe, infiniti nodi, ganci e bottoni: sono tutti elementi, propri della biancheria intima femminile della fine dell’Ottocento e dei primi del Novecento, che ci permettono di comprendere meglio la storia della liberazione femminile. La biancheria intima di questi anni è infatti caratterizzata da elementi che delineano impaccio e difficoltà di movimento, sottolineando la condizione d’inferiorità a cui la donna era sottoposta. In questo senso i primi anni del Novecento segnano un’epoca di stravolgimenti nel mondo dell’intimo della donna, grazie anche all’industrializzazione e alla scoperta di nuovi materiali. In questi anni compaiono i primi reggiseni, l’intimo abbandona i pesanti tessuti coprenti, rivelando trasparenze attraverso l’utilizzo di tessuti più leggeri. La mostra che si tiene in questi giorni presso il MuST - il Museo Studio del Tessuto della Fondazione Ratti - testimonia quest’epoca di passaggio: l’esposizione è infatti dedicata a un piccolo ma prezioso nucleo di abiti, accessori e biancheria personale appartenuti a Emilia Stoppani, donna lariana figlia di ricchi proprietari terrieri, andata sposa nel 1912 al cugino Carlo Augusto Butti. La mostra, frutto di una donazione, espone in ottime condizioni l’abito da sposa della donna accompagnato da fotografie, dal menu del pranzo di nozze e persino da un sonetto composto da uno degli invitati. L’abito da sposa esposto, confezionato su un modello francese, propone la cosiddetta jupe entravée, una gonna stretta sopra al ginocchio lanciata da Poiret nel 1910, e presenta un corpetto stretto in vita che veniva allacciato sul retro da una lunga serie di piccoli bottoncini. Accompagnano l’abito un prezioso ventaglio e un cappello con piume di struzzo bianco, acquistati entrambi molto probabilmente da Ganassale & Giegling a Milano, in via Montenapoleone 31. La grande rivoluzione dell’abbigliamento che si verificò negli anni successivi alla Prima guerra mondiale (anche per merito di Coco Chanel, proprio in questi giorni ricordata da un film e da un libro, ndr), che portò all’eliminazione del busto e all’accorciamento di gonne e abiti, è testimoniata da un modello esposto appartenente ai primi anni Venti, in taffetas nero con un riporto grigio-verde. Negli anni Trenta, anche l’intimo femminile subisce dei cambiamenti: i mutandoni si accorciano adattandosi al corpo e, grazie anche all’invenzione di nuovi materiali sia naturali che sintetici, le calze diventano un accessorio insostituibile per ogni donna. A testimonianza dei cambiamenti propri di questi anni, viene esposto un bolero in taffetas nero con un vistoso drago arancione sulla schiena (1935-38). Nella stessa sede, il 4 giugno, alle 16.30, prende il via una nuova iniziativa a cadenza mensile, dal nome "Il museo in un cassetto": il MuST apre i "cassetti" dei depositi per far conoscere le sue collezioni al pubblico.
«Il corredo nuziale di Emilia Stoppani, 1912». Como, Museo Studio del Tessuto, in Lungo Lario Trento, 9. Da lunedì a venerdì dalle 9.30 alle 13 e dalle 14.30 - 17 (fino al 25 giugno).
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