Cultura e Spettacoli
Giovedì 25 Giugno 2009
Crisi, famiglie, risparmio
L'analisi di Quadrio Curzio
L'economista, preside di Scienze politiche alla Cattolica, è protagonista, all'Università dell'Insubria, di una conferenza sulla situazione dell'Italia. In anteprima a La Provincia le sue riflessioni
Il professor Alberto Quadrio Curzio è preside della Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. In quella facoltà lo chiamò Gianfranco Miglio - che, a suo volta, l’ha diretta dal 1959 al 1988, per quasi trent’anni - indicandolo come il «miglior economista italiano». Forse anche per questa ragione Quadrio Curzio viene volentieri sulle sponde del Lario - il 26 giugno alle ore 17 nell’aula magna del chiostro di S. Abbondio a Como (sede della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università dell’Insubria) terrà una conferenza sul tema "L’economia europea ed italiana: problemi e prospettive" - e non si nega ai giornalisti per rispondere a domande d’attualità. "La Provincia" l’ha incontrato per chiedergli un’analisi della crisi internazionale e di quelli che potrebbero essere gli effetti sul nostro paese.
Professore, in che misura siamo esposti alla crisi finanziaria che agita l’economia mondiale in questi mesi?
L’Italia è meno colpita di altri paesi, e di conseguenza assorbe meglio la crisi, perché le banche italiane hanno, rispetto ad altri (la Germania per esempio) un indebitamento piuttosto basso nei confronti del sistema creditizio americano e britannico che - come è noto - ha generato i mutui subprime e gli altri "titoli tossici" che ci stanno creando tutti questi problemi. Inoltre il nostro paese continua a garantire quantità straordinarie di risparmio da parte delle famiglie che, una volta raccolto dalla banche, permette di erogare tutto il credito di cui hanno bisogno le imprese, senza ricorrere ad alcun funambolismo finanziario.
Quali sono gli "altri punti di forza" del nostro paese, di fronte alla crisi?
Senza dubbio una straordinaria capacità delle nostre imprese di competere sui mercati internazionali. Nel settore manifatturiero, per esempio, l’anno scorso abbiamo realizzato il record di surplus commerciale - cioè del differenziale fra esportazioni e importazioni - con un saldo di ben 60 miliardi di euro! Di più: da diversi anni siamo secondi in Europa nel manifatturiero, nel settore turistico e nell’agricoltura, nel momento in cui al primo posto si susseguono altri paesi (in questo momento nel settore manifatturiero è prima la Germania, nel turistico la Spagna e nell’agricolo la Francia). Nonostante questi avvicendamenti alla testa delle filiere che ho citato, il nostro paese mantiene la seconda posizione, senza essere scalzato. Siamo secondi in tutto, unici in Europa: non è poco.
Veniamo ora alle debolezze…
Non credo di fare una rivelazione se dico che le nostre debolezze sono "di sistema". Ne cito tre: il divario Nord-Sud, che anziché chiudersi si allarga; il debito pubblico che grava sui nostri conti; la dipendenza energetica (un problema che si sta acutizzando in maniera preoccupante in questi ultimi anni). In altre parole, non siamo competitivi come "sistema paese", lo siamo come filiere produttive.
Come giudica la politica economica del Governo a fronte della crisi?
Molto bene, se si tiene conto del dato strutturale del debito pubblico che ci portiamo dietro. Infatti il differenziale di rischio dei titoli del debito pubblico italiano rispetto ai titoli del debito tedesco, a gennaio di quest’anno era di due punti percentuali; ora si è ridotto ad un solo punto. Questo significa che il "rischio Italia" è diminuito.
Ma è necessario fare ancora di più, non crede?
È quello che sosterrò in occasione della mia conferenza all’Università dell’Insubria. Anche attraverso forme di collaborazione fra maggioranza e opposizione è necessario diminuire il debito pubblico riducendo la spesa pubblica corrente, realizzando cioè dei risparmi sul versante delle spesa ordinaria.
Abolendo le province, per esempio?
No, quello non costituirebbe un gran risparmio e, anzi, in alcuni territori sarebbe più dannoso che benefico. Condivido invece l’idea di abolire le comunità montane, restituendo le loro competenze alla province e ai comuni. Sul versante della semplificazione istituzionale ancora più efficaci sarebbero agevolare in modo efficace gli accorpamenti dei comuni nelle aree scarsamente popolate.
In alcuni sui interventi pubblici lei ha auspicato un "patto costituzionale" per migliorare il nostro sistema paese: cosa intende?
In ordine ai suoi contenuti penso ai capitoli organicamente esposti nel Documento di programmazione economica e finanziaria 2009-2013, presentato dal Governo nel giugno dell’anno scorso. Sono cinque: perequazione tributaria, semplificazione normativa, semplificazione amministrativa, sviluppo, federalismo fiscale. Su questi argomenti mi auguro si affermi nei fatti una sorta di "senso di responsabilità repubblicana", fatto proprio da maggioranza e opposizione, in quanto, quelli che ho citato, sono gli stessi argomenti al centro dell’attenzione negli ultimi tre Dpef, sebbene redatti da tre differenti governi, di due colori politici diversi.
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