Cultura e Spettacoli
Lunedì 29 Giugno 2009
Se Gomorra
sbarca a Como
La piaga dell'usura nel nostro territorio grande protagonista del libro inchiesta di Nello Scavo, giornalista del quotidiano "Avvenire", già un caso editoriale
Chi ha sempre pensato che la ’Ndrangheta fosse la mafia calabrese si sbagliava di grosso. L’idea che ci porta a catalogare la criminalità organizzata come una piaga del meridione andrebbe se non altro rivista. La ’Ndrangheta è italiana, brianzola, comasca. Lo racconta Nello Scavo, giornalista di "Avvenire", catanese di nascita e comasco d’adozione. Quelle di "Di rata in rata" (Ancora del Mediterraneo, pp 144, euro 13,50) sono storie di usura che hanno portato l’autore a svelare una rete capillare ben radicata in tutto il Paese, fatta di strozzini affiliati alla Camorra, a Cosa Nostra, alla ’Ndrangheta. «Quando ho iniziato a scrivere, nel settembre scorso, volevo raccontare l’usura a partire dalle famiglie che, per un motivo o per l’altro, rimangono incastrate nella spirale del debito. Lasciando perdere l’aspetto macroeconomico», racconta Scavo a "La Provincia".
«Partendo da piccoli fenomeni mi sono ritrovato a parlare di qualcosa di gigantesco che coinvolgeva tutte le mafie». Con 9 milioni di euro di fatturato annuo il giro delle estorsioni è la seconda entrata della criminalità organizzata, prima fra tutte quella calabrese. «Ho dovuto modificare la prospettiva del libro che si è orientato da solo verso storie di malavita vera e propria», continua Scavo. Ma sono le piccole realtà quelle che più interessano l’autore. La Banca d’Italia ha registrato quest’anno la crescita vertiginosa dell’indebitamento delle famiglie italiane che, però, raramente denunciano gli strozzini. E la malavita ne approfitta. Perchè non denunciano? Due i motivi principali. «Il primo - spiega Nello Scavo - è la paura. Poi la preoccupazione di chi, per avviare un’attività, si è appoggiato a persone o enti poco raccomandabili, a volte utilizzando metodi illegali».
Nel Comasco il caso più celebre è stato quello di due fratelli, Alessandra e Michele. I due rilevano uno spazio a Fino Mornasco per aprirvi un ristorante. Non riescono però ad ottenere la licenza commerciale che viene invece acquistata dal proprietario dello stabile che comincia a vessarli economicamente trattandoli come semplici gestori dell’attività e non come proprietari effettivi. I due fratelli lavorano bene, il ristorante è sempre pieno, il fatturato annuo raggiunge la cifra impressionante di un miliardo di lire. Riescono a pagare i fornitori con i soldi che sottraggono al bilancio, per nasconderli agli usurai. I guai veri però, cominciano quando il mobiliere al quale si erano affidati per arredare il locale annuncia spese aggiuntive, chiede sempre più soldi, si rivela essere un vero e proprio strozzino. I due fratelli comaschi, ormai soffocati dai debiti, denunciano il tutto alle autorità. Aule di tribunali, avvocati, un risarcimento di 150 mila euro promesso dal Ministero dell’Interno che ancora si fa attendere. Michele diventa cardiopatico, non può più lavorare, Alessandra tira avanti facendo la cameriera. Di casi simili ce ne sono a centinaia in tutta Italia. Solo nelle province di Como e Lecco lo scorso anno le intimidazioni a scopo di estorsione sono state circa 40. La ricca Brianza, insieme al Nord-est, è tra le aree più colpite dalla piaga socio-economica dell’usura. Perchè? Se è vero che in queste zone l’estorsione non funziona - le vittime denunciano quasi subito alla polizia - l’unico modo è infiltrarsi nel tessuto industriale. Edilizia, appalti, società immobiliari. Attraverso emissari insospettabili la criminalità organizzata penetra nel cuore dell’economia settentrionale, sfruttando le debolezze delle imprese in cerca di finanziamenti e cavalcando la crisi economica. Arriva dal Sud, invece, la prima storia del libro, quella di un agente immobiliare pugliese, suicidatosi per i troppi debiti. Il suicidio è uno degli epiloghi più frequenti di queste storie di disperazione. Anche se «non si riesce ancora a fare una stima di quante persone si tolgono la vita a causa di ricatti economici», spiega Scavo che ha seguito tanti casi di cronaca come questi durante la sua carriera giornalistica. Usura al Nord, estorsioni al Sud. Dopo il traffico di stupefacenti non c’è niente che renda di più.
Se dal Piemonte a Trieste la malavita si serve degli strozzini per diventare parte integrante del tessuto economico locale, al Sud le cose sono un po’ diverse. «Nel meridione sono la casalinga o il piccolo commerciante che si rivolgono all’usuraio. È un fenomeno culturale. Tutti sanno che a Napoli c’è il guappo con il suo banchetto. Si va da lui se si vogliono i soldi subito». Qual è allora il minimo comune denominatore che lega Nord e Sud? Secondo Scavo anche il fatto che «si consuma troppo e si usano i soldi con molta leggerezza. Un’abitudine che ormai è un bisogno collettivo». Una buona notizia però c’è. La Consulta Nazionale Antiusura sembra essersi presa a cuore la questione, riportata all’attenzione del pubblico da libri come quello del giornalista di "Avvenire", e starebbe preparando una legge in materia. «Mano a mano che le informazioni si accumulavano mi rendevo conto dell’enormità del fenomeno che avevo sotto gli occhi», dice Scavo. «All’inizio mi immaginavo il caso classico della famiglia di ceto medio-basso sommersa dai debiti. O l’imprenditore cafone del Nord. Invece non esiste una vittima-tipo di strozzini ed estorsori». Sono molti, infatti, i lettori che si identificano con i protagonisti delle vicende di questo libro-inchiesta che racconta l’Italia della crisi economica, descrivendo un sistema finanziario tanto ordinario quanto criminale. Per dirla con le parole dell’autore: «è come se questo fenomeno riguardasse un po’ tutti».
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