Cultura e Spettacoli
Sabato 18 Luglio 2009
Centro commerciale, viaggio semiserio
in un mondo tutto da scoprire
Un racconto di Filippo Pozzoli, vincitore del Premio Chiara giovani
Così, quando un rovente sabato pomeriggio mi s’è proposto di fare un salto al centro commerciale "a vedere chi c’è", non ho trovato altra risposta che un gutturale e primitivo «Eeeeeh?!» - il che spiega perché per qualche tempo per la cumpa io sia stato "l’antico".
In effetti, per la mia vecchia scuola, «ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa» e i ruoli erano ben catalogati: centro commerciale per la spesa massiva (fatta sei volte in vent’anni) o per quelle cose che da un momento all’altro toh, mi servono e se vado lì sto tranquillo che le trovo; oratorio, piazza, zona pedonale o casa Binda per il cazzeggio.
Poi da un giorno all’altro il mondo si evolve, cambia tutto e non un cane che mi faccia la cortesia di avvisarmi, come in quel film che la tizia si sveglia dal coma e il muro di Berlino è caduto e tutti fan finta non sia successo nulla.
Proprio vero che per stare al mondo oggidì c’è da rimboccarsi le maniche, fare da soli ed armarsi di Google: centri commerciali. Cerca.
Pazzesco. Strepitoso! Negli Usa li chiamano mall e ci piazzan dentro fontane, acquari e parchi tematici, certi sono aperti ventisei ore al giorno e la sera ci suonano dal vivo e, se fai tardi e t’avvinazzi per bene in uno dei settantadue pub interni, fioccano pure alberghi coi fiocchi!
Anche l’Italietta pare abbia lanciato il suo timido guanto di sfida, con modesti mostriciattoli da centoottanta negozi, qualche multisala e settemila posti auto.
Possibile che mi sia perso tutto questo ben di Dio? Come mi han convinto fino ad ora che fossero solo meri bottegai dell’età post-barattiana?!
Non ci credo. C’è da controllare, in fretta. Mi serve un motivo, un pretesto per un’ispezione ai segreti del commercio manipolatore senza che mi prendano per pirla.
Rasoi. Mi servono rasoi. Non mi rado da una settimana, ché il padre eterno sa dove son finiti quei dannati bilama comprati il febbraio scorso al discount. Giusto dieci minuti. Arrivo, chiedo a qualche inserviente la corsia giusta, agguanto dei rasoi scrausi con nonchalance e intanto mi guardo intorno, circospetto, se serve due foto al volo col cellulare da perfetta spia russa e puoi dir giuro, capirò perché cacchio un tempo lì ci si faceva la spesa e adesso ti ci fanno far lo splendido.
Pronti, via. Primo sgambetto è il parcheggio, o la metto sotto o niente ché con trentotto gradi poi la mia Mini del ’92 senza aria condizionata diventa una fucina e se apro i finestrini devo pigiare a tavoletta per andare a trenta tanta è l’aria che entra. Sette minuti a zonzo tra corsie, vedo due lucine bianche accendersi e sì, lo sta facendo!, sta uscendo dal parcheggio ed è mio, mio!, capito, tizio sul BMW che mi guardi torvo da là sopra? Sgaso, due dita di gomma per terra ed infilo. Vittoria.
La fine delle scale mobili non la vedi, è inondata da una luce divina, il nirvana dell’ascesi mistica dall’oblio del parcheggio alla santità del mercato. Tutto merito di quel finestrone centrale grande come un troll a scimmiottare le gallerie bene di fine ’800 e i rosoni delle chiese, finezze che noti quando studi architettura e se le dici a qualcuno ti prende per checca. Bomba istantanea: nell’atrio, nell’ordine, esposizione di Guzzi nuove, bancarella di salami biologici e ricambi per i vecchi Folletto, ruota della fortuna. Ogni dieci euro di spesa un buono per giocare, in tutti i negozi, promozione valida dal 1 luglio al 31 agosto.
Dribblo tutto in elegante e caparbio doppio passo, punto dritto al Bennet ché una volta qui c’era solo quello e non trentasette tra negozi e paninari hi-tech. Più facile del previsto, sono in meta e, no, placcato per un braccio. Gesù, tutto lo squadrone delle medie! Sette anni che non li vedo e sono tutti uguali, con le stesse camicie stropicciate-ma-fatte-così col colletto all’insù e sbottonate ad un terzo come andava di moda tra i tamarri del 2002. Allora Pozz che fai di bello adesso studi lavori a donne stai ben messo sì ragazzi tutto a posto ma ora corro che no davvero non riesco a fare l’ape con voi ci vediamo sì dai promesso una sera di queste promesso! Si fa impegnativa la questione, tutta la terza cì qui insieme sembra ce l’abbiano messa apposta. Ad ogni modo è andata, e adesso al lavoro. Salve! Vuole provare il nuovo nokia cinquemilaottocento express super mega maxi in da miusic sciallallà con giesseemme accatreggì gipiesse uemmetiesse tacc’scrinn e cazzammazzi no grazie ho già il mio di quattro anni fa e sono un povero diavolo.
Gli stand dietro le scale mobili, un vero e proprio agguato. La sfiga mi perseguita ma io sono più veloce. Quindi adesso tiro dritto, destinazione rasoi e che nessuno mi fermi tutti! Cosa cosa cosa abbiamo qui? Una romantica enoteca nella più gretta delle piazze mercato? Ennò bagaj, qui si mescola sacro e profano. Là sopra è Talisker, unico scotch dell’isola di Skye, venticinque anni di invecchiamento per un elisir ad ogni male, quanto viene la bottiglia cara signora? Centottanta. Arrivederci.
Dov’eravamo rimasti? Ah sì: i rasoi. Certo che con tutto sto divincolarmi m’è venuta una fame pantagruelica (amo quest’aggettivo, finalmente ce l’ho fatta a piazzarlo in un pezzo qui dentro!, prossimi obiettivi: parascevedecatriafobia e transustanziazione) e qui sembran volerti boicottare la dieta.
Un boccone al volo e poi via di corsa, che ballo in giro da mezzora e ancora il carrello piange - ché poi manco l’ho preso.
Saltiamo McDonald’s che sa Dio cosa mangi, un trancio di pizza no troppo poco, ristopizza indiano magari un’altra volta, take away tailandese ma non li possono scrivere in italiano con legenda i piatti che fanno?!, aaah, ecco qui, senta mi dà mezzo pollo allo spiedo - anzi faccia pure intero, due patatine, una birra in lattina? Prego diciassette euri. Steek hutzee.
Adesso basta storie, o rasoi o morte e noooooooooooooooooo! Il gioco aperitivo al piano di sopra no! Nemmeno fossimo in spiaggia a Marina di Massa, tanto a farmela pesare che è fine luglio e sto inchiodato in Brianza causa esami. Basta, mi arrendo.
Tanto ormai ho capito il trucco e non era poi niente di che. Nei centri commerciali c’han rinchiuso un po’ di tutto e tanto vale chiamarli ancora così. Andiamoci a tirar due balle, a prendere il fresco ché fuori si muore, a buttar giù un boccone e a vedere chi c’è. Se è il caso, prima che chiudano bottega ci si compra qualcosa che, ci scommetto la mamma, non serve. Ché per inciso i rasoi li ho presi al tabacchi di fronte al benzinaio, a cinque euro e novanta, due scatole al prezzo di una.
Filippo Pozzoli
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