Cultura e Spettacoli
Sabato 01 Agosto 2009
Il racconto d'estate/1
Il "maiale" disse: "Fingi di indagare"
Un delitto attende l'ispettore caduto in disgrazia: ha tre giorni per risolvere il caso
Vi sorprenderà il romanzo di Andrea Vitali che «La Provincia» pubblica per tutto agosto ogni giorno, per 27 puntate. Si intitola «Il maiale»: illustrato da Renato Frascoli, è inedito e molto lontano dalle atmosfere di lago tipiche dei libri del medico bellanese. «È un Vitali ruvido, inquieto, duro quello che troviamo in questa storia - spiega il critico Fulvio Panzeri -: la tensione è alta».
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La radiosveglia suonò alle sette. Squillava anche il telefono. Lo capii dopo aver spento la radio. Lo lasciai suonare, smise. Mi girava ancora un po’ la testa, avevo bevuto troppo la sera prima. Non avevo nessuna voglia di alzarmi. Mi sarei dato malato. Non riuscivo a capire che tempo facesse fuori. Non ricordavo le previsioni per quell’avvio di ottobre. Ascoltai il rumore delle macchine che passavano in strada. Sembrava che scivolassero sull’asfalto. Quindi pioveva. Il tempo ideale per darsi malato. Il telefono ricominciò a suonare. Risposi.
« Cammina », disse una voce.
Era la voce del capo della Struttura. Finsi di non riconoscerlo. Simulai una voce nasale, l’influenza era appena arrivata in città.
« Prepara una valigia », disse.
Allungai le gambe, appoggiai un gomito al cuscino.
Che tempo fa ?, fui tentato di chiedere.
« Devo partire »?, domandai invece.
« Sì ».
« Mi rimandate sul campo »?
« Sbrigati ».
« Cos’è successo »?, chiesi.
« Fra mezz’ora ti voglio qui », fu la risposta.
Riattaccò. Feci la barba, il caffè, presi due aspirine. Uscii. Pioveva forte.
Attraversai la città. Ci volle più di un’ora. Le strade erano allagate. C’erano vigili, pompieri, sirene. Tutti i semafori erano rossi. A un incrocio trovai un incidente. In macchina non avevo l’ombrello. Tra noi ispettori il capo di Struttura era soprannominato " il maiale ". Era grasso e roseo come la bestia. Ridevamo spesso pensando al suo uccello attorcigliato come la coda dei suini. Il capo stava sempre seduto dietro la sua scrivania. Nessuno l’aveva mai visto in piedi. Non faceva domande. Dava ordini. Non aveva famiglia, solo lavoro. Mi inzuppai nel tratto tra il parcheggio scoperto e l’edificio degli uffici divisionali. Il mio ufficio era al quarto piano. Pioveva un’acqua tiepida. Dentro l’edificio c’era un caldo fastidioso. Tossii. Il maiale era al quinto piano, l’ultimo. L’ascensore era occupato, salii a piedi.
Il maiale non aveva segretaria. Bussai. Ribussai. Chiesi permesso. Aprii la porta e sbirciai. Stava appoggiato allo schienale della sedia. I suoi occhietti mi inquadrarono.
« Posso entrare »?, chiesi.
« Era ora », disse.
Entrai. Lui incrociò le braccia sul petto. Aveva arti corti e grossi. Lo sguardo era freddo. In quella stessa posizione, sei mesi prima, l’avevo visto l’ultima volta per sentirmi dire che mi attendevano sei mesi di servizio d’ufficio: una punizione per aver usato senza ragione, secondo lui, la pistola durante una retata. Per sei mesi avevo battuto a macchina verbali d’interrogatorio.
Non mi fece sedere. Mi squadrò.
« Devi tagliarti i capelli », disse.
Non ribattei. Non li avrei tagliati.
« Ho un incarico per te ».
Stetti ancora zitto. Guardai l’ufficio. Arredamento convenzionale, nessun quadro alle pareti, odore di inchiostro nell’aria, la luce al neon alle nove del mattino. Mi venne un po’ di nausea.
« Si tratta di un omicidio », disse.
Finalmente, pensai. Voleva dire che tornavo ad essere operativo, basta scrivania e verbali.
« Dove »?, chiesi.
« Hai ritrovato la lingua », disse lui.
Accennai di sì.
« Allora usala per salutare prima di tutto ».
Dissi buongiorno. Lui non rispose.
« A Spatz », disse.
Il nome non mi diceva niente.
« E’ verso il confine, in montagna. Cercalo su una cartina ».
« Agli ordini », dissi.
Feci per salutare e andarmene.
« Aspetta », ordinò.
Mi fermai.
« L’omicidio è già risolto », disse.
Abbozzai un sorriso.
« Non c’è da ridere ».
« Non stavo ridendo ».
Vero: stavo cercando di controllare un mezzo conato.
« Si tratta di un minorato », disse lui.
Aveva ucciso la sorella. La guardia cantonale di là aveva mandato un rapporto dettagliato sull’accaduto. Il Ministero aveva chiesto al capo della Struttura una presenza ufficiale a Spatz. Forse c’erano in ballo le elezioni.
« Vai là », disse il maiale, « fingi di indagare un po’, stringi qualche mano e poi torni a casa. Hai tre giorni di tempo. Facci fare bella figura. Non portare armi. E’ tutto ».
Si chinò sulla scrivania, prese un foglio, si mise a leggere. Uscii. (1.continua)
Andrea Vitali
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