Cultura e Spettacoli
Giovedì 06 Agosto 2009
Il racconto d'estate/6
Un sogno molto reale
Ermini raccontò l'incubo all'ispettore, in preda all'ansia: "Ho sognato un maiale che soffocava in un secchio. Poi ho scoperto che era tutto vero...". Si infittisce l'inquietudine nel nuovo romanzo di Andrea Vitali, intitolato "Il maiale", scritto per "Il racconto d'estate" del nostro quotidiano.
Mi invitò a sedere. Lo feci a malincuore. La faccenda rischiava di farsi lunga. Ermini si passò una mano sul viso. Sudava. Non si decideva a parlare.
«Prego», dissi. Parlò.
«Sogno un maiale », disse. Disteso nel fango, dentro un recinto. Con la testa incastrata in un secchio. La bestia è allo stremo, soffoca, muove solo le zampe posteriori.
«Intorno è buio».
Il maiale, il fango, il recinto sembrano sospesi nel buio della notte. C’è silenzio.
«Poi il sogno si illumina debolmente».
La luna fa capolino da dietro una montagna che ha tre cime, come il Danzas. Rischiara la scena. Il maiale si agita, sbatte freneticamente le zampe posteriori.
«Non riesce a liberarsi dal secchio».
Cerca di sollevarsi inutilmente. E’ alla fine.
«Continua ad agitarsi sino a quando mi sveglio».
Pensai di essermela cavata. Il sogno era finito. Ermini taceva. Decisi di attendere pochi istanti, per cortesia. Poi mi sarei alzato, avrei dato la buonanotte e me ne sarei andato a dormire. Invece Ermini riprese a parlare.
«La cosa assurda è un’altra», disse.
«Quale»?, chiesi.
«Quel maiale, quel fango, quel recinto li ho visti. Ieri. Sul luogo del delitto».
Non aveva più l’espressione cadaverica di poco prima. Sembrava esaltato adesso.
«Come dice»?, chiesi.
«Non sono un visionario», disse.
«Non l’ho mai pensato».
«Forse comincia a farlo».
«Potrebbe essersi suggestionato o ricordare male», dissi.
«No. Le spiego».
Era successo la mattina precedente. Rientrava dalla clinica. Non sapeva niente dell’omicidio. L’aveva messo al corrente il padrone della pensione. Era presto. Non aveva niente da fare, nemmeno un giornale da leggere. Aveva deciso di andare a dare un’occhiata. Tanto per far passare il tempo. Era andato a piedi. Aveva impiegato un’ora, camminando lentamente. Sul posto non c’era nessuno. S’era avvicinato alla casa. Aveva sbirciato dentro.
«Ero curioso. Non so cosa mi aspettasi di vedere. Comunque non c’era niente».
Stava per ritornare sui suoi passi quando aveva udito un verso. Sembrava un verso umano, un vagito. Proveniva da dietro la casa. L’aveva aggirata con cautela. S’era sentito in allerta, quel verso gli aveva fatto paura. Era stato così che aveva visto il maiale ormai in fin di vita.
«E il fango e il recinto». Tacque. «Poi, questa notte li ha sognati», dissi per chiudere la questione. Ermini fece cenno di no.
«La notte prima», disse. La notte in cui era avvenuto l’omicidio aveva sognato la stessa cosa.
«Con una differenza», disse.
«Quale»?
In quell’istante la luna scomparve dietro la terza cima del Danzas. La stanza piombò nel buio.
«Così», disse Ermini.
Non capivo. Stavo per chiedergli cosa volesse dire. Un rumore di passo proveniente dal corridoio ci zittì.
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