Cultura e Spettacoli
Sabato 08 Agosto 2009
Racconto d'estate/8
Qualcuno nella casa del delitto
La luca di una torcia si muoveva dietro una finestra
Diedi la buonanotte. Tornai nella mia camera. Era l’una passata. Avevo voglia di fumare. Fumando avrei fatto il punto sulla prima serata a Spatz. Avrei riflettuto sul racconto di Ermini, sui due sogni. Il pacchetto delle sigarette era vuoto. Frugai nelle tasche della giacca, vuote. Ne avevo un pacchetto intero in macchina. Decisi di andare a prenderlo. Sulle scale non riuscii a trovare l’interruttore della luce. Scesi al buio. Sotto era un poco più chiaro, la luce lunare entrava dalle finestre della sala da pranzo. La porta della pensione era chiusa. In quel momento la cosa che più desideravo era fumare. Ero deciso a tirar giù dal letto il padrone per farmi aprire la porta. Andai verso il banco. Dietro c’era l’ufficio. Controllai se non ci fossero delle chiavi. Aggirai il bancone. Feci per mettere la mano sulla maniglia della porta dell’ufficio. Allora sentii il padrone che salutava qualcuno. Poi lo sentii deporre la cornetta del telefono. Poi lo sentii respirare rumorosamente. Disse qualcosa tra sé. Sposarlo, mi sembrò, o qualcosa di simile. Da sotto la porta non veniva alcuna luce. Tornai in camera mia, attento a non fare rumore.
La camera era fredda. Passeggiai. Ero inquieto. La voglia di fumare era al massimo. Andai alla finestra. Dava sulla piccola piazza di Spatz. Fu allora che vidi qualcuno uscire dalla pensione. Sembrava il padrone. Non poteva essere che lui. Fumava. Vidi la brace di un sigaro attraversare la piazza. Ripensai per un po’ alle parole di Ermini. Il sonno se ne andò del tutto. Tornai da lui. Anche lui non riusciva più a prendere sonno. Gli chiesi di indicarmi la strada per raggiungere la casa dei due, il luogo del delitto.
« Ci vuole andare adesso »?, chiese.
« Adesso », risposi.
« Potrebbe essere pericoloso », disse.
Presi nota delle istruzioni. Uscii senza fare in minimo rumore passando da una finestra della sala da pranzo. La luna emanava una luce sufficiente a illuminare la strada. Strisciai lungo i muri. Mi lasciai subito il paese alle spalle. Spatz non era granché, tutto arroccato intorno alla piazza. La strada che imboccai era sterrata. Larga quel tanto che bastava per lasciar passare una macchina. Camminai per un quarto d’ora. Mi giravo di tanto in tanto a guardarmi alle spalle. La luna sembrava che mi guardasse. Il silenzio era stupefacente. Chi pensa che i boschi di notte siano animati forse sbaglia. Intorno c’era un silenzio greve. Le indicazioni di Ermini erano precise: un quarto d’ora lungo quella strada e poi dovevo prendere un sentiero sulla destra. A sinistra, senza alcuna protezione, si apriva la valle. Trovai il sentiero. Mi fermai. Nel buio, a circa un centinaio di metri, vidi la casa. Bassa, ne scorgevo solo il profilo. Ero sudato. Non sentivo freddo. Mi incamminai per il sentiero. Quando fui a circa metà ebbi l’impressione di vedere una luce. Debole. Apparve e scomparve, al piano terra della casa. Fu una visione effimera. Dubitai di averla vista. Mi fermai, accucciandomi. Non avevo un’arma con me. Mi spiacque. Aspettai qualche minuto. La casa era immersa nel buio. Mi ero illuso di aver visto una luce. Mi rialzai, ripresi a camminare. Feci pochi passi. La luce di una torcia apparve a una finestra del primo piano. Nella casa c’era qualcuno. La pistola era in macchina insieme alle sigarette.
(8a puntata, continua)
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