Cultura e Spettacoli
Venerdì 14 Agosto 2009
La contadina modella
e il foulard di Segantini
Lo scrittore comasco Emilio Magni ricostruisce, con la testimonianza eccezionale, il rapporto tra il grande protagonista del Divisionismo e il territorio comasco. L'occasione di questo affresco è la mostra, in corso a Caglio, di una ventina di opere - pastelli, disegni, oli - del pittore.
Un bel foulard, grande, tutto a fiori, questo fu il regalo che il pittore Giovanni Segantini fece alla giovane contadina che posò per lui quando, sui prati di Santa Valeria sopra a Caglio, in Valassina, dipinse "La stanga", forse il suo quadro più famoso. Questa è una delle storie sul "pitur Segantini" che qualcuno nel paese, in cima alla Valle dei Monti di Sera, sotto il Palanzone, ancora racconta. Segantini soggiornò in queste povere case di sasso per alcuni mesi tra il 1885 e l’86, dopo essere stato, per periodi più lunghi, a Pusiano e a Carella. Sebbene il grande maestro del Divisionismo sia rimasto a Caglio meno di un anno, il soggiorno deve essere vissuto in una bella cordialità con la gente del paese: tutti contadini di montagna. E nonostante sia passato ben più di un secolo il "feeling" tra Caglio e il grande pittore ancora è intenso. La giovane che scelse come sua modella si chiamava Margherita Invernizzi Duroni.
Era già sposata quando il pittore la vide mentre faticava nella fienagione, accudiva gli armenti sui pascoli pianeggianti sotto il Palanzone. Margherita fece da modella ma anche da balia a Bianca, l’ultima figlia dei Segantini. Con qualche emozione "conta su" questa storia la signora Maria Bianchi, che dall’alto dei suoi 107 anni ne ha tante di cose da raccontare. La modella occasionale, ma di tanto genio, Margherita era fiera del regalo che il pittore le fece per ringraziarla della posa. La signora Bianchi ricorda che nonna Margherita ne parlava sempre. Conservava con amore il foulard e lo indossava nei giorni di festa. Le rimembranze si fanno ancora più accattivanti e circostanziate con quanto tramanda un’altra discendente di Margherita Invernizzi, Nicoletta Massimi Cominelli che è la nipote dell’ultracentenaria Maria Bianchi. «Secondo i racconti in famiglia, spiega Nicoletta - la mia antenata Margherita si fece addirittura ritrarre con addosso il foulard da un pittore, bravo anche se non di certo come Segantini. Il foulard invece, purtroppo, è andato perduto». Quando ero ancora un giovane cronista e andavo in cerca di qualche storia locale, rincorsi quel poco che restava, ma temevo andasse inesorabilmente perdendosi, del Segantini in Brianza. Erano gli anni Sessanta. Dall’intrico di ombre scure dei vicoli di Caglio emerse un personaggio strano. Si chiamava Francesco Rusconi, era pittore, suonatore di violino. Alto, un po’ misterioso, diceva di essere stato migrante in America e di essere tornato qui, nel suo paese del quale aveva tanta nostalgia. Teneva stretto nel cuore Segantini che sua madre aveva conosciuto molto bene: così diceva lui: con grande garbo. Quel «grand bel pitur», dalla barba nera, dai capelli lunghi e lo sguardo penetrante andava, con la grande tela e tutta l’attrezzatura dei pittori, verso i prati dove si guardava su ampi panorami lontani. Era gentile e ciarliero con la gente del paese. Stava in una casa, nel cuore del paese. Era la stessa casa in cui abitava Rusconi il quale, in omaggio al grande artista, aveva dipinto sul muro un affresco ispirato al celebre quadro intitolato "La vita", uno del famoso "Trittico della natura". Rusconi raccontava che qui sotto questo portico, sovrastato da grosse travi annerite, il pittore portava ogni sera la grande tela sulla quale andavano, via via, deponendosi le forme e i colori di una delle sue più grandi opere, "La stanga", la quale gli valse la seconda Medaglia d’oro all’esposizione internazione di Amsterdam, quindi la fama e qualche soldo. È ancora lì l’affresco, sul muro del portico dalla persistente atmosfera agreste. Mi hanno portato a vederlo il sindaco di Caglio, Vittorio Molteni il quale, assieme ad Anna Bianconi, Nicoletta Colombo, alla Pro Loco, alla Comunità Montana e la Regione, è impegnato a fare di Caglio uno dei luoghi delegati al ricordo e rivalutazione di Segantini: un’impresa di un bel pregio culturale e tesa, perché no, al richiamo turistico.
In questi giorni nel centro civico è aperta la rassegna dedicata al "maestro del Divisionismo", con l’esposizione di una ventina tra disegni, pastelli, due oli: opere certamente minori del grande artista, ma per la prima volta in mostra. Ma il bello è pure passeggiare lungo un percorso che si snoda contorto nel centro storico, in vicoli rustici fedelmente restaurati, dove sono esposte le copie delle sedici opere in dimensione reale, più importanti dell’artista. In un angolo tra i più suggestivi, proprio sullo sfondo di un portico, sono esposte, le opere del "trittico della natura", "La vita", "La natura" e "La morte". Il percorso porta anche a quella che fu la dimora del pittore e al portico con l’affresco un po’ naif del Rusconi. E mentre si cammina guardando i muri e i quadri, infilando gli sguardi nei portici delle case, negli androni scuri, puoi avere la ventura di trovarti a parlare con qualche persona dalla canuta chioma e gli occhi stanchi ma sorridenti che ha da dirti una sua piccola storia di Segantini, "ul pitur" di cui gli parlava, tanti anni fa, il nonno, il quale, a sua volta, l’aveva saputa da un suo antenato.
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