
Cultura e Spettacoli
Martedì 18 Agosto 2009
Addio a Fernanda Pivano
L'incontro a Como nel '95
Il giornalista e poeta Pietro Berra ricorda quell'incontro al Box 202 con la traduttrice e scrittrice morta a 92 anni il 18 agosto. "Di solito il mio cachet è un milione", disse al telefono. Poi, quando seppe che a organizzare la serata erano dei giovanissimi, si offrì di presenziare gratis...
Aveva pubblicato "Amici scrittori", nel ’95, perché i medici le avevano dato pochi mesi di vita e allora si era decisa a mettere per iscritto le straordinarie avventure umane e letterarie vissute con i grandi autori americani, da Hemingway fino a McInerney, passando per Ginsberg e Kerouac. Nella primavera dell’anno successivo Fernanda Pivano aveva già smentito le infauste diagnosi, e allora la invitammo a presentare quel libro al Box 202 di Como. «Di solito il mio cachet è un milione, ma dipende da chi siete», disse al telefono. Le rispondemmo che eravamo due ragazzi entusiasti e squattrinati e che l’avremmo portata in un circolo Arci un po’ come noi. «Allora vengo gratis. Basta che veniate a prendermi a Milano. Fermatevi sotto casa in via Senato, gridate Nanda e io scendo». Ad attenderla nel locale di piazza Roma c’era così tanta gente, che a un certo punto una donna incinta si sentì male. Riportammo a casa Nanda nel cuore della notte e in auto continuò a dispensare aneddoti, e commentì sull’attualità, finché fu sopraffatta dal sonno. La morte vista in faccia aveva contribuito ad abbassare i suoi freni inibitori, a renderla più simile agli scrittori della beat generation che aveva fatto conoscere agli italiani. Degli incontri e delle telefonate successive conservo battute surreali e fulminanti. «Ok, fammi le domande che vuoi, ma in fretta se no mi prendo il raffreddore, perché sono uscita nuda dalla doccia per rispondere», mi rispose una volta che la chiamai per domandarle di un nuovo amico raccontato nel libro "I miei quadrifogli" (Frassinelli, 2000): l’editore lariano Alberto Casiraghi.
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