
Cultura e Spettacoli
Giovedì 20 Agosto 2009
Il racconto di Vitali/19
Un amaro ritorno a casa
L’ispettore indaga sulla morte di una ragazza. Non crede che l’assassino sia il fratello, trovato morto. Unico indizio: un dito rinvenuto nel secchio del maiale. Ma anche il chirurgo della clinica ha subìto l’infortunio a una mano....
Chiusi la porta della camera.
« Devo mostrarle una cosa », dissi.
Parlavo a bassa voce. Dalla tasca dei pantaloni tirai fuori il fazzoletto. Appoggiai l’involto su un tavolino. Lo aprii delicatamente.
« Un pezzo di dito », dissi indicando il contenuto.
Ermini fece un’espressione di disgusto.
Era tranciato all’altezza della falange intermedia. La pelle era pallida, macerata. Si notava un’unghia perfetta, curata.
« Dove l’ha trovato »?, chiese Ermini.
« Sul luogo del delitto ».
Ermini impallidì.
« Di chi è »?, chiese.
Forse pensava anche lui quello che pensavo io.
« Ho controllato sul cadavere dell’uomo », dissi.
Ermini mi guardò.
« Manca ».
Sembrò risollevarsi.
Mi avvicinai alla finestra della camera. Nevicava a larghe falde. Spatz era ormai una cartolina natalizia. Rientrare in città con quel tempo era davvero una follia. Forse valeva la pena ripensarci.
« Non mi sembra convinto », disse Ermini alle mie spalle.
« Lei cosa ne dice »?, chiesi.
Non rispose.
« Volendo, tutto coincide », dissi.
« Lei si basa su un sogno e su delle suggestioni ».
« Quantomeno singolari, lo ammetto ».
« La realtà è un’altra però. Tutto coincide, l’ha detto lei ».
« E’ vero, non c’è più niente da scoprire ».
A mille metri pioveva davvero. Ma per arrivare fino a lì dovetti impiegare tutta la mia abilità di autista. Ermini aveva le catene. Mi precedette, tracciando la strada. C’eravamo salutati nel salottino della pensione. Gli aveva chiesto di tenermi informato sulla situazione del fratello. Gli avevo dato il mio numero di telefono.
« Se dovesse aver bisogno di qualcosa, in città », avevo detto.
Mi aveva ringraziato. Mi aveva dato anche lui il suo recapito. Poi eravamo partiti. Eravamo scesi a non più di dieci chilometri orari. La neve alterava le distanze. A ogni curva sbandavo. Quando mi vedeva in difficoltà Ermini si era fermato ad aspettarmi. Dopo un’ora abbondante avevamo raggiunto la quota della pioggia. A quel punto mi fermai per tirare il fiato. Anche Ermini si fermò. Con due colpi di abbagliante gli segnalai che tutto andava bene. Mi salutò col braccio fuori dal finestrino. Rinnovai i saluti con due colpi di clacson. Ripartii. Accesi la radio. Calcolai che con tre ore di andatura tranquilla sarei arrivato in città. Canticchiai. Il fondovalle era buio. Mi sentivo sollevato, leggero. Un pesce che ritorna nelle sue acque predilette.
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