Cultura e Spettacoli
Giovedì 03 Settembre 2009
Parolario, i "giovani leoni"
Frascella e Harstad in scena
Incontro con lo scrittore-rivelazione norvegese, autore di "Che ne è stato di te, Bizz Aldrin", edito da Iperborea e nella sezione video l'intervista di Christian Frascella.
Il viaggio di Mattias, il giovane norvegese protagonista di "Che ne è stato di te, Buzz Aldrin" (Iperborea, pagine 457, € 16,50), romanzo rivelazione del trentenne scrittore Johan Harstad, è una fuga verso territori solitari. Originale e coinvolgente, il romanzo di Harstad rimbomba come una discoteca tante sono le citazioni di canzoni che arricchiscono le sue pagine. «Uso la musica non per dare un particolare tono al romanzo - spiega l’autore, ospite il 4 settembre alle 19 di "Parolario", in piazza Cavour, introdotto da Paolo Giordano (Premio Strega 2008) -, ma per capire meglio i personaggi».
Che cosa spaventa maggiormente i giovani della società attuale?
La loro grande paura è morire prima che il mondo sappia chi sono. Quando si arriva a 25 anni bisogna aver già fatto due volte il giro del mondo, aver lavorato per qualche contadino in Bolivia o in qualche altro paese dell’America del Sud, devi essere sposato, divorziato e avere dei figli: in Norvegia c’è un’enorme pressione sulle spalle dei giovani circa ciò che dovrebbero fare per essere all’altezza del loro ruolo.
Perché i giovani sembrano infelici ovunque vivano?
Da decine d’anni nessuno è felice al mondo. Mattias, il protagonista del mio libro, che è molto diverso dalla sua generazione non vuole essere felice, non vuole essere famoso e sempre sotto i riflettori: vuole solo fare bene il suo mestiere. Non vedo i miei personaggi come esseri infelici, però mi rendo conto che molti giovani della mia generazione diventano disperati per essere famosi.
Quanto somiglia lei a Mattias?
Per certi punti di vista sono molto simile a Mattias, per molti altri sono completamente diverso. Il fatto stesso che io sia qui con lei a fare un’intervista vuol dire che non sono " selvatico " e chiuso come lui. Col tempo però mi accorgo di assomigliare sempre di più a Mattias. Fino a qualche anno fa ci tenevo ad essere in vista, ma ora preferisco vivere di più nell’ombra.
La solitudine che spinge Mattias alla fuga, è colpa della società?
Personalmente non sento una pressione sociale così forte, ma per i miei coetanei fuggire è un bisogno di evasione. Il fatto che finisca nelle isole Faroe è assolutamente casuale perché là c’era andato per un concerto.
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