Cultura e Spettacoli
Mercoledì 09 Settembre 2009
In tremila per Baglioni,
un trionfo a Villa Erba
Sette telecamere puntate sul palco, l'8 settembre a Cernobbio. Tra i brani di 37 anni di carriera, anche novità assolute, in anteprima per il suo pubblico.
Lunedì a Vigevano, il patatrac. Una scarica da 380 Watt manda in tilt l’impianto elettrico. Un quarto d’ora di frenetici tentativi di salvataggio, poi gli organizzatori alzano bandiera bianca. Niente concerto, si recupera, per chi può e vuole, domani. L'8 settembre a Cernobbio, per fortuna, non è accaduto nulla di tutto questo. Claudio Baglioni, dopo aver fatto un patto con il demonio come Dorian Gray, alla fine è riuscito a tirare dalla sua anche Giove Pluvio: quello che amministra le piogge e le saette (comprese quelle che corrono nei cavi). Villa Erba è stata la cornice perfetta per quel gentiluomo senza tempo che è ormai Baglioni, applaudito da tremila persone. Elegantissimo, tight nero e camicia bianca, il Baglioni di ieri sarebbe senz’altro piaciuto a Luchino Visconti che forse ne avrebbe fatto il protagonista di un suo capolavoro. E un capolavoro è stato anche il "Gran concerto - Qpga". Un’opera totale, una summa, un punto fermo dopo il quale si potrebbe anche non ricominciare mai più, perché tutto è compiuto. Musica, video e pagine di un libro virtuale si sono alternate e frammischiate sul palco dominato dal gigantesco schermo ciclorama, il led di 250 metri quadri, coordinato da una regia video di 7 telecamere. Ai piedi dell’installazione ipertecnologica, il pianoforte nero sembrava piccolo, quasi insignificante. Ma è proprio da lì che Baglioni ha dato il via alla cavalcata dei ricordi: lenta e dolce nell’introduzione (mentre alle spalle scorrevano le immagini del film "Qpga", e dal niente compariva un’orchestra sinfonica); poi, imbracciata la chitarra, più impetuosa e trascinante con l’inedito "In viaggio" La scaletta ha ripercorso, grosso modo, la tracklist di quell’Lp che nel 1972 accese la fiamma di un fenomeno capace di superare indenne decenni di mode e di manie. Arrangiamenti nuovi, un po’ più rockeggianti rispetto a quelli originali, ma non così lontani da stravolgere il ricordo sedimentato da 37 anni di ascolti e riascolti. E riecco "Piazza del Popolo", "Una faccia pulita" e tutte le altre gemme di una collana impreziosita dai lustri e arricchita da brani mai ascoltati come "Nuvole e sogni" e "Un solo mondo". Al centro, sfavillante come un solitario, "Questo piccolo, grande amore". Poi una concessione alle “altre”, quelle che anche chi considera Baglioni un dinosauro sopravvissuto a se stesso non può far finta di non aver canticchiato almeno una volta. C’è "Amore bello", c’è "Avrai", c’è "Mille giorni di te e di me", e poi ancora "Quante volte", "Sono io", "E tu", "Io sono qui", "Strada facendo", "Via", "La vita è adesso". Un indigestione di successi, quasi che Baglioni, per una volta, avesse deciso di dare ai suoi fan esattamente ciò che hanno sempre desiderato. Un regalo di compleanno speciale: per il suo pubblico, ma in fondo anche per sé. Perché, come recitava la scritta apparsa sullo schermo a inizio concerto, «Quello fu l’anno in cui tutto il mondo compì 18 anni». E 18 anni si compiono una volta sola.
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