Cultura e Spettacoli
Mercoledì 09 Settembre 2009
La postina comasca
di Giuseppe Garibaldi
Oltre a Giuseppina Raimondi, la marchesina di Fino Mornasco che sposò e subito ripudiò, la storia di Giuseppe Garibaldi si intreccia, sul Lario, a quella di un’altra donna, che ebbe un ruolo di "pasionaria". Lo ha scoperto Marilena Giaimis, ritrovando - a Roma - tracce mai lette di storia comasca.
Primavera 1859, seconda guerra di Indipendenza: Como viene liberata da Garibaldi e dai suoi "Cacciatori delle Alpi" dopo una strenua opposizione da parte dei pochi cittadini che erano riusciti a resistere alle violenze e all’oppressione degli austroungarici. «Si arrivò alla mattina in Como disertata già da gran parte degli abitanti ed estremamente costernata. Alla sera la colonna (dei Cacciatori) ordinata per partire fuori di porta Torre, si trovò ridotta a milleduecento uomini circa. (...) Parecchi volontari, sfiduciati per la desolazione che trovarono in Como stimando in tale stato delle anime inattuabile qualunque disegno di riprendere la guerra, erano passati dalla città nella prossima Svizzera».
Così scriveva a Giuseppe Garibaldi e a Giuseppe Mazzini Achille Sacchi, nato a Mantova (1827-1890), garibaldino e stretto amico del genovese, sposato con la comasca Elena Casati, imparentata con la famiglia De Orchi, fervente patriota e una delle madri del femminismo italiano ed europeo. Questo è uno degli stralci della relazione molto puntuale che Sacchi fece avere al Generale, che nel frattempo si era spostato con un gruppo numeroso di volontari comaschi verso Varese, Luino, Laveno, passando da San Fermo della Battaglia e Gironico grazie a Maria Vitali, fedele balia e nutrice dei Casati Sacchi, nata a Bellano nel 1817 e morta nel suo paese nel 1895. Il documento originale che la Vitali, eroica e ardita "postina" riuscì a far avere a Garibaldi e poi a Mazzini a Lugano, è custodito presso l’archivio dell’Istituto Risorgimentale al Vittoriano a Roma, donato dalla giornalista Jessie White, moglie del patriota Alberto Mario, anch’ella patriota, insieme ad altri preziosi documenti che fanno parte dell’inestimabile patrimonio italiano dell’unità della nostra nazione. Achille Sacchi, ribattezzato da Garibaldi "il medico che si batte", scrisse la relazione voluta dal Generale nel campo di guerra di Fino Mornasco, ospitato sotto la tenda di Agostino Bertani (Milano 1812 - Roma 1886), medico-soldato a capo di un gruppo di "Cacciatori", in seguito uomo politico, molto amico e protettore di Sacchi, che conobbe a Genova e con il quale combatté e lavorò a stretto contatto, anche nei momenti di tregua, nella città della Lanterna, a Sondrio e durante gli spostamenti dei "Mille".
(Estratto dall'articolo di M. Giaimis pubblicato sull'edizione del 10 settembre de "La Provincia")
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