Comaschi allo "sbaraglio"
I ragazzi che fecero l'impresa

Lo storico Matteo Dominioni ha ricostruito il profilo della generazione lariana che, tra il 1885 e il 1890, prese parte alla prima guerra d'Africa. Dei 759 che partirono volontari nel quinquennio, 68 morirono nella disfatta di Adua

I comaschi che, tra il 1885 e il 1900 presero parte alla Prima guerra d’Africa, furono 759; il più anziano fu Carlo Carughi, classe 1860, mentre Giuseppe Baruffini rimase in Africa più a lungo di tutti, reduce del 1896 lo ritroviamo richiamato nella guerra italo-turca del 1911-12. I nati nei bienni 1865-66 e 1873-74 diedero il maggiore contributo.
Su 759 militari ben 623 furono inviati in Eritrea nei bienni 1887-89 (213) e 1895-97 (410); non era una caso: il 1887 fu l’anno della battaglia di Dogali e il 1896 l’anno di Adua. Il più alto numero di soldati venne imbarcato, dopo la battaglia di Amba Alagi, tra la metà di dicembre 1895 e la fine del gennaio successivo. Il contingente più numeroso (32) lasciò l’Italia alla vigilia di Natale. Dal freddo invernale del Nord, i comaschi vennero scaraventati nel torrido caldo eritreo e immediatamente posti in linea nell’ancora più caldo Tigré, senza acclimatamento e specifico addestramento. La maggior parte venne arruolata nella fanteria (216), e negli squadroni di cavalleria (133). Gli alpini erano 86, i bersaglieri 61, gli artiglieri 42. Il sergente Angelo Innocente Colombo fu l’unico ad essere inquadrato nelle truppe indigene.
L’arruolamento nelle truppe d’Africa, in teoria, doveva essere richiesto dall’interessato; quindi tutti i 759 comaschi fecero apposita domanda. Si trattava comunque di truppa di leva attinta dai distretti provinciali. Furono solamente 25, ovverosia il 3,3% del campione, i nostri concittadini che chiesero l’arruolamento volontario prima di andare nell’Oltremare. Appartenevano tutti alla borghesia cittadina o al mondo dell’artigianato (9 studenti, 1 commerciante, 1 libraio, 3 commessi, 1 pasticcere, 1 falegname, 1 tappezziere, 1 locandiere) e non era una caso dato che in generale all’arruolamento volontariato accedevano solo i non poveri. A scanso di equivoci, il volontarismo non aveva più nulla in comune con quello risorgimentale, era una scelta dettata dall’opportunismo: il soldo aumentava diventando una retribuzione più che dignitosa e il periodo di leva, dimezzandosi, si riduceva a 12 mesi. Il 42,5% (322) del campione non portò a termine la ferma coloniale: d’autorità per eccesso d’organici (192), per malattia (93). I rimpatri per eccesso d’organici si concentrarono nei mesi aprile-luglio 1896, immediatamente dopo Adua. Da un lato le autorità politiche e militari inviarono in Eritrea numerosi rinforzi, dall’altro desistettero dall’attaccare. Fu una situazione paradossale. Pochi soldati, solamente 18, chiesero l’ammissione a rafferme successive alla prima. Lo studente Carlo Intraina, volontario come furiere maggiore, fu l’unico a richiedere e ottenere 4 ferme consecutive. Partito per l’Africa il 16 novembre 1887 tornò nel luglio 1891. I comaschi non furono attratti né dai sogni di colonizzazione, né dalla vita avventurosa delle truppe coloniali; tanto meno furono colpiti dal mal d’Africa. Fatta una esperienza particolare, essi ritenevano meglio tornare a casa. Il 1° marzo 1896, nella conca vicino alla cittadina di Adua, le truppe italiane si spinsero troppo avanti e non ressero l’urto delle armate abissine.
Le colonne si erano letteralmente perse perché i comandi avevano carte geografiche errate. Nella battaglia gli italiani persero 300 ufficiali, 4.600 nazionali e 1.000 ascari (ai quali vanno sommati i prigionieri: 1.600-1.900 bianchi e 800 neri), i morti abissini furono tra i 7 e i 15 mila; morirono più uomini che in tutte le battaglie risorgimentali messe insieme, fu una delle maggiori sconfitte militari mai subite dall’Italia, nonché la più pesante sconfitta subita da una potenza europea su suolo africano.
Furono 68 i comaschi che persero la vita ad Adua in battaglia, altri tre morirono per le ferite nelle settimane successive. Provenivano da tutto il territorio di competenza del distretto militare di Como: 10 dalla città, 5 dal mandamento Como 2° (Pognana Molina, Moltrasio, Cavallasca e Novate Mezzola), 5 dal mandamento Como 3° (Casnate, Lurate e Bregnano), 9 dal mandamento di Erba (Costamasnaga, Cassano, Nibionno, Monguzzo, Ponte Lambro, Albese, Crevenna), 6 dal mandamento di Castiglione (Schignano, Dizzasco, Ponna), 8 dal mandamento di Appiano (Guanzate, Locate, Castelnuovo, Lurago Marinone, Lomazzo, Olgiate). Tutti i deceduti ottennero i riconoscimenti previsti dalla legge.
I prigionieri che rimasero in Etiopia un anno furono 19. Purtroppo non sono note le loro testimonianze.


Matteo Dominioni

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