Como, c’e un concerto
in fondo al buio

La rassegna “Take a seat” ha portato la brava fisarmonicista Ilenia Volpe in Largo Miglio per due concerti in una sera: ecco come è andata

C’è da fare una doverosa premessa. Ilenia Volpe è una musicista bravissima e dotata di talento, capace, con la sua fisarmonica, di dare anima e colore a brani di diverso carattere e scrittura, da quelli di fattura barocca di Johann Sebastian Bach a quelli romantici su temi d’opera di Richard Wagner, fino alle più moderne e celebri colonne sonore di Ennio Morricone in “C’era una volta in America” e Nicola Piovani in “La vita è bella”.

Le cose che hanno un po’ stonato, purtroppo, durante la performance di venerdì sera di una delle soliste della Bellagio Festival Orchestra, inserita nel cartellone di “AcComodatevi – Take a seat”, sono state diverse, e nessuna di queste imputabili all’eccellente artista. La location, ad esempio, scelta per il concerto, quel porticato del Liceo Volta, in Largo Miglio, uno dei punti peggio illuminati di tutta la città Como, che non ha granché giovato dell’aggiunta di quattro sparuti faretti appoggiati a terra, accanto alla musicista, capaci giusto di metterne in penombra la figura.

Non solo buio, però. Perché se è pur vero che un concerto più che vederlo lo si ascolta, francamente poco importa che non ci siano luci adeguate all’esibizione, se l’acustica e la resa sonora rendono giustizia alla fatica artistica.

Invece, e di nuovo purtroppo, la parziale amplificazione (un microfono collegato ad una cassa appoggiata a terra), combinata all’ampiezza del luogo, al traffico cittadino, al chiacchiericcio dei passanti e ad altre proposte musicali che si sono consumate appena fuori Porta Torre non hanno consentito, per coloro che non si trovavano esattamente davanti alla cassa, di godere appieno della bravura esecutiva ed espressiva della Volpe, espressa anche attraverso la scelta di un repertorio coraggioso, di non facile ed immediata lettura. Un repertorio che, forse, avrebbe meritato, oltre che di un’amplificazione migliore, di un luogo più raccolto e suggestivo, come un cortile, una sala o uno spazio chiuso, capace di dare risalto all’intera performance.

Quello che ha funzionato, e che ha convinto il pubblico a fermarsi (oltre, ovviamente, alla proposta artistica) è stato certamente la possibilità di trovare, già predisposti in loco da alcuni addetti, una serie dei famosi “seat” pieghevoli, una bella comodità che ha risparmiato, quasi a tutti, un viaggio all’autosilo di via Auguadri per prenderli in prestito.

Una mossa vincente, che ha trattenuto un picco massimo di sessanta persone per lo spettacolo delle 20.30 (in cui, ancora, la luce naturale del crepuscolo rendeva il tutto un po’ meno spettrale) e di trenta per la replica delle 22.

Un altro appunto, senza voler innescare una polemica, va fatto (e qui ci sta il terzo purtroppo), alla dirigente Antonietta Marciano che, durante i saluti istituzionali iniziali, ha spiegato la scelta della location con un «sono molto emozionata di trovarmi sotto il porticato del mio liceo e questo luogo è stato scelto proprio per rendere piacevole un luogo che per me è stato lugubre, almeno negli anni del ginnasio e del liceo», corretto con l’utilizzo, subito dopo, del termine ieratico (al posto di lugubre).

Un lapsus, probabilmente, una piccola leggerezza semantica che, però, ha descritto con efficacia l’atmosfera generale, non imputabile alla, giova ripeterlo, talentuosa artista, alla quale sono andati meritatissimi applausi e fischi di apprezzamento.

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