Da manicomio a parco
Così rifiorisce il S. Martino

Ricerca a tappeto sulla storia botanica dell'ex Opp di Como, con tante sorprese. Come quelle di un vigneto coltivato, nel passato, dai degenti

Ricostruire i fasti botanici del compendio dell’ex San Martino di Como, ripercorrere sentieri e viottoli, riscoprire il tracciato dei muri e gli interventi che hanno modificato l’andamento naturale della collina. L’area dell’ex ospedale psichiatrico - più o meno 340 mila metri quadri di verde - è un punto interrogativo per la maggior parte dei comaschi. Pochi sanno cosa contiene, ancora meno sanno com’era in passato.
Ad ovviare a entrambe le mancanze pensa ora una ricerca condotta dalle associazioni Iubilantes e Luoghi non comuni e dalla Società Ortofloricola comense. «Il primo approccio - dice Giorgio Costanzo, architetto e membro dell’associazione Iubilantes - è stato semplice: abbiamo camminato all’interno del parco per capire cosa possa essere recuperato dal punto di vista ambientale. Ed è stata una grandissima sorpresa, ho trovato vestigia del tutto inattese di quello che l’area del San Martino è stata: c’è una chiesetta bellissima, c’è un grande prato ricavato dalla decapitazione della collina, c’è quell’area che la vox populi dice bombardata durante l’ultima guerra e che invece porta solo i segni di una sistemazione dell’impianto idraulico dopo una serie di cedimenti».
La ricerca storica è stata effettuata su documenti dell’Archivio di Stato e dell’Amministrazione provinciale e su vecchie pubblicazioni: «Il parco era tutto una rete di viali, percorsi, aziende agricole che garantivano l’autosufficienza dell’ospedale e strutture a queste collegate. La struttura rispondeva a una divisione post-illuminista o neo-romantica, quasi da città ideale. Oggi invece ci sono quasi solo boschi molto fitti, un degrado che è figlio della mancanza di una nuove identità: ma questo è patrimonio della città, e la città deve potervi accedere». L’area non ha più da tempo la conformazione originaria: «Con la creazione prima del Setificio e poi dell’università - continua l’architetto Costanzo - ha avuto inizio l’erosione di questo ampio territorio, erosione che continua tuttora». Gli edifici non sono stati censiti: «Sono tutti successivi al 1870, l’unico ad avere un qualche pregio è la residenza del direttore sanitario dell’ospedale psichiatrico, che è del 1910. Quasi tutti oggi sono sede di servizi dell’Asl. Sono invece state censite dalla Società Ortofloricola le essenze arboreee e il loro stato di salute, cercando di risalire alla situazione originaria e ricostruendone l’evoluzione: in origine per esempio, proprio per il principio di autosufficienza, l’area ospitava anche coltivazioni di ortaggi e viti».

Barbara Faverio

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