Cultura e Spettacoli / Como città
Domenica 23 Febbraio 2014
Dopo Arisa c’è il vuoto
Il Sanremo di Fazio
non trova la Bellezza
Alessio Brunialti commenta l’edizione numero 64 del festival. Ospiti come Rice e Nutini sono andati sprecati Chi ha capito tutto è Fiorello: se ne sta alla larga
Incoronata Arisa e la sua “Controvento” è giunto il momento di stilare il bilancio del Festival di Sanremo. Quest’anno più che in passato ci sono alcuni perché che restano privi di risposta.
Perché, da qualche anno a questa parte, il conduttore è per forza anche l’ideatore di tutta la trasmissione? Inevitabilmente il Festival assomiglia a chi lo fa e, nel caso presente, si trasforma in una versione “in piedi” di “Che tempo che fa” (mancava giusto la Lagerbach, presente solo in spot). E Fazio, invece, non è riuscito a risolvere uno dei grandi problemi di Sanremo: la sfilata dei cantanti annoia e invece di imparare dai talent - che una cosa buona l’hanno fatta: propongono i concorrenti costruendoli perfettamente e con un’enfasi degna dei divi d’Ottocento – anche in questo caso i “Campioni” erano un problema del Festival e non una risorsa.
Perché, in sessant’anni di vita, la Rai non ha trovato autori capaci di rinnovare la stantia formula del “comico disturbatore”? Con il “bravo presentatore” che finge di indignarsi e prende le distanze? Perché, poi, autocondannarsi alla Littizzetto, manco fossero Sandra e Raimondo, da prendere in coppia per forza (con la formula “compri due, paghi due, e tanto anche”)? C’è una fila così di comici che non saliranno mai sul palco dell’Ariston, e forse è un bene, ma anche far scendere quelli che ci salgono, ogni tanto, non sarebbe male.
Perché cantanti in gara quasi tutti lontani dalla tradizione, ma ospiti da gerontocomio? Poi tutti le Kessler sono ancora in gambissima, la Carrà ha un’agilità incredibile, Gino Paoli è stato il migliore, per non parlare di Franca Valeri e Arbore è sempre Arbore. Ma è lo stesso gusto perverso che alimentava il Circo Barnum quando esponeva i freak al ludibrio della folla.
Perché illudersi che il pubblico di Sanremo, che si sorbisce da 64 anni con impercettibili varianti la medesima zuppa e che, quindi, un pelo tradizionalista, se non proprio conservatore, deve essere, apprezzi ospiti come Damien Rice, Rufus Wainwright e Paolo Nutini? Fazio ha fatto di necessità virtù: meno soldi? Chiamiamo artisti di qualità con poche pretese economiche. Se fosse stato “Doc” di Arbore sarebbero stati perfetti. A Sanremo, a volerli ascoltare, hanno ucciso il concorso in dieci secondi: cosa può fare un Gualazzi qualsiasi contro Cat Stevens armato di un’arma di canzone di massa come “Father and son”?
Perché si finge di rinnovare restando, terribilmente, ancorati alla tradizione, Il “dopo Fazio” è Carlo Conti? E ci saranno Pieraccioni, Ceccherini, perfino Panariello (suo il peggior Sanremo di sempre) e forse anche uno spazio del dolore dedicato a Francesco Nuti. Fiorello continua a tenersi alla larga dalla Riviera Ligure: sa che sarebbe la sua fine.
Perché, infine, nessuno ha spiegato a Fazio, che ha voluto a tutti i costi legare le puntate sul tema della “Bellezza” (come alle elementari, assieme a “La mucca” e “Le mie vacanze”), che anche noi tutti cerchiamo la Bellezza ovunque, tranne forse al Festival di Sanremo, dove ci aspettiamo il kitsch, il trash, il brut.
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