Cultura e Spettacoli
Giovedì 09 Aprile 2009
Dopo quel film,
niente è come prima
Personaggi dello spettacolo, del giornalismo e della cultura raccontano il "film della vita" a Mauro Della Porta Raffo, in un libro che viene presentato a Como il 9 aprile.
Ricordare, riesumando dalla memoria indistinte emozioni lontane, quale sia stato il primo film visto non è sempre facile perché immagini e immaginario rischiano una sovrapposizione; ma anche riferire apertis verbis quale sia, invece, il film di cui resta più profondo il segno in ciascuno non è facile. A chi, con qualche impudenza, sollecitasse una risposta diventa naturale giustificarsi con la scusa che non c’è un titolo solo, ma una piccola serie di film individualmente memorabili. Però, scava scava, non è così, lo sappiamo tutti. Per motivi imperscrutabili - un momento, un giorno, una sensazione, uno stato d’animo o, semplicemente, un capolavoro - ad essersi davvero depositato nel cuore di ciascuno c’è sempre un film che più degli altri regge il confronto con l’accelerazione della civiltà delle immagini. Renderlo pubblico però è altra questione: una privatezza non formale agisce, s’impone la stessa intima discrezione che fa privilegiare un titolo rispetto a tanti - o pochi - altri perché l’eminenza del "film della vita" non ha niente da spartire, se non accidentalmente, con la ciclica riproposizione di graduatorie internazionali dei film più belli della storia del cinema. È infatti un cinema personale quello cui si fa riferimento nei «Film della nostra vita» (del libro di Mauro Della Porta Raffo, edito da Ares, discuterà egli stesso con il direttore della Provincia Giorgio Gandola, il 9 aprile alle 18, nella libreria Ubik di piazza San Fedele a Como) che presenta una sfaccettata serie di autoritratti, seppure filtrati da un - "il" - film prediletto via via da settantasei personaggi del giornalismo e dello spettacolo, da Toni Capuozzo a Carlo Verdone, da Pietrangeo Buttafuoco ad Aldo Grasso, a Mario Schiani de «La Provincia». È (quasi) sempre una rivelazione che concorre a definire lo spettatore interessato, per questo forse talora riluttante a mostrarsi persona oltre che personaggio, comunque toccato nel vivo di un ricordo che non può non essere appassionato. Altrimenti il film non sarebbe quello, appunto, della vita.
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