Filosofo, la definisce Manzoni. Ma sempre più spesso capita che la invitino anche a parlare di teologia... Che effetto le fa?
<Ho studiato molto la filosofia, prima da giovane, e poi tra i 30 e i 50 anni, però da lì a definirmi filosofo... Non ho proprio la mente sistematica, piuttosto ho delle intuizioni. D’altra parte un altro poeta, prima di me, era stato ritenuto un filosofo: Giacomo Noventa. Ma lui era già più sistematico di me. Io dico certe cose perché le vivo dentro: vengono dal rapporto con la vita e con la gente. Ho sentito spesso dire della gente normale cose straordinarie, come quelle che ho raccolto nel libro <Voci d’osteria>.
Anche i bambini, a volte, dicono "cose straordinarie"...
<È vero. Una volta tenevo in braccio mio figlio. Aveva 4-5 anni, l’avevo portato al cinema a vedere i cartoni animati. Mentre camminiamo in viale Campania mi dice: «Papà, mi fanno freddo le stelle». Stava guardando in alto: ha unito la stella con il freddo che faceva, e ha detto una cosa... Come quelle che ritrovi in certe osservazioni filosofiche del tempo dei greci>.
Nelle sue raccolte più recenti, è sempre più forte l’afflato religioso. Che idea si è fatto di Dio?
<Io penso che non si possa dare un’immagine di Dio. Quando prego, io non sono molto lontano dal pensiero cattolico, però secondo me Dio è dentro di noi ed è fuori di noi, così come abbiamo il nostro io che in rapporto col nostro essere si dà del tu. Quando sei bambino, parli con te stesso e ti dai del tu, non è vero? Poi fuori c’è il cosmo, ma nello stesso tempo lo contieni, in quanto persona. Ecco, credo che Dio abbia questa stessa caratteristica: di essere insieme il tutto e uno>.
I filosofi, da qualche tempo, riempiono le piazze. I poeti, un po’ meno...
<Anche perché la vera poesia è poca: tutti usano il termine poesia, ma spesso è una semplificazione... I filosofi, è vero, hanno molto seguito, anche perché la società occidentale ha avuto un posto primario nello sviluppo del pensiero. Penso a Descartes, al suo "cogito ergo sum". Io, però, dico il contrario: io sono e quindi penso>.
Perché?
<Perché l’uomo non si esaurisce nel pensiero. Semmai l’essere pensa, anche. Ma è pure pensato, e prova sensazioni. È qualcosa che ha a che fare con il tutto. E anche ciò che apparentemente non pensa, perché non ha li linguaggio, è essere. Mi riferisco agli alberi, a un fiore, una pietra. Noi non ne conosciamo il linguaggio, ma qualcuno sì...>
Vuol dire che le piante, a loro modo, parlano?
<Un grande botanico indiano che viveva in America negli anni ’30, diceva che le piante hanno un loro linguaggio e soffrono anche per il modo in cui sono trattate. Fece un esperimento in una scuola indiana dove era stato invitato. Raccomandò ai ragazzi di essere gentili con le piante, ma uno per dispetto entrò di notte nell’aula in cui erano conservate e inveì contro una di esse. L’indomani mattina la trovarono appassita. Allora il botanico convocò gli scolari e disse: «Chi di voi ha insultato la pianta e l’ha trattata in modo da farla appassire?». I ragazzi si guardavano e non capivano. Finché uno si è alzò e ammise: «Sono stato io». Lo racconto per dire quanto noi siamo ancora poco certi di quello che è il nostro rapporto con il mondo, la natura, le cose. Il "cogito ergo sum", che è uno dei fondamenti dell’Occidente, mi sembra molto dannoso... Tutto ciò che non sappiamo spiegare con la mente, viene bollato come superstizione. Ma non puoi liquidare un fenomeno che accade, accantonandolo>.
Dante diceva di scrivere ciò che amore gli dettava. Anche molte sue poesie sembrano "dettate" da voci interiori.
<La mia esperienza mi ha insegnato che Dante aveva ragione. La poesia è un fenomeno di espressione dell’essere intero>.
Ma chi è a dettare? Dio?
<Non oso dirlo, perché non lo so. Può essere un angelo, un forza spirituale. Può essere anche lo stesso spirito dell’individuo che, raggiunto un certo grado di libertà e quindi di sviluppo, allora parla>.
Pietro Berra
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