Cultura e Spettacoli
Lunedì 20 Aprile 2009
Giannini: "Grazie Como
E non solo per Bond"
L'attore al Gallio ha confermato le sue doti di mattatore
Travolti da un incontenibile Giancarlo Giannini nel collegio più antico d’Europa in un piovoso venerdì di mezz’aprile. Un fiume in piena, una parlantina affascinante che ha ammaliato i presenti al Collegio Gallio dove si è tenuto il primo incontro 2009 del Circolo del buon governo incentrato sul cinema. O, almeno, così avrebbe dovuto essere. Marco Eugenio Di Giandomenico non ha voluto contenere la verve di un assoluto mattatore che ha fagocitato anche gli altri invitati: il produttore Roberto Bessi, il presidente del Fiuggi family festival, Gianni Astrei, e il presidente del Roma film festival, Adriano Pintaldi, che si sono lasciati sovrastare volentieri, divertendosi assieme al pubblico. Lo guardi e pensi a Pasqualino Frafuso, detto Settebellezze, a Gennarino e al suo “insolito destino”, al "Dramma della gelosia". Chiudi gli occhi e ti sembra di essere incalzato da Al Pacino che avverte il profumo di donna, perfino da Jack Torrance che avanza per i corridoi dell’Overlook Hotel.
Difficile, anzi, diciamolo, impossibile condensare Giannini in poche righe. Basti dire che commentando una curiosità su una spigolatura di Wikipedia, l’artista ha parlato a lungo della sua passione per l’elettronica, per le invenzioni che, in qualche modo, si ricollegano all’arte della recitazione: «Capire come funzionano gli elettroni in un filo di rame non è diverso da comprendere le emozioni di un personaggio. Perché io sono curioso, curiosissimo, dormo poco, mi diletto con i lavori manuali e progetto e costruisco marchingegni. Alcuni mi sono stati rubati, altri non so neppure che fine abbiano fatto». È, da un lustro, coordinatore, consigliere e docente del Centro sperimentale di Roma, «il più antico, il più selettivo, tra seicento candidati prendiamo solo otto uomini e otto donne. Io insegno loro la gioia di vivere, la fantasia, qualche lezione appresa dai miei maestri: da Lina Wertmüller, da Visconti, dagli eccezionali registi con cui ho avuto l’onore di lavorare, ma anche da Marlon Brando che mi diceva di non leggere mai le sceneggiature, da Mario Soldati che mi insegnò a vedere il contrario in tutte le cose». Il cinema italiano? «Oggi facciamo film intimisti che non hanno mercato all’estero e che non mi piacciono, io amo la fantasia. E dire che abbiamo insegnato e insegnamo a tutto il mondo, però siamo rimasti fermi al neorealismo senza superarlo». Gli americani? «Bravissimi: hanno distrutto il mercato mondiale svendendo le loro pellicole per poi aumentare i prezzi. È esattamente quello che sta avvenendo con tutti i prodotti».
Anche un pensiero per Como, dove ha girato "Casino Royale", ma non parla di 007 bensì di «Jean Pierre Meersseman, bravissimo chiropratico, gli sarò grato per tutta la vita per avermi rimesso a nuovo. Di James Bond dico che non capivo se il mio personaggio era buono o cattivo e il regista mi teneva sulle spine perché voleva che fosse ambiguo. In "Quantum of solace" muoio, però non si capisce bene: chissà, magari tornerò anche nel prossimo» mentre al prossimo incontro del Circolo, ha anticipato il senatore Marcello Dell’Utri, arriverà Giorgio Albertazzi per parlare di teatro.
Alessio Brunialti
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