Il diario comasco dall'Albania:
<Oggi mi hanno amputato il piede>

Continua il racconto del fante Abbondio Cantaluppi:
il rimpatrio, la convalescenza e il ritorno a casa

Pubblichiamo la seconda e ultima parte dei diari di Abbondio Cantaluppi, il fante di Garzola che fu inviato sul fronte greco-albanese nel 1941. I diari sono stati trovati dai figli dopo la morte del padre.
Nei giorni successivi il morale del giovane Abbondio si risolleva perché ci sono bevande calde, si attraversa il fiume Scinvizza con delle barche, si va in montagna, si incontrano artiglieri che danno da mangiare e passaggi sugli autocarri per raggiungere il luogo di riposo. «Finalmente mi sono lavato le mani (4 marzo ndr). Ho trovato Pietro Noseda di Civiglio che pensava che io fossi morto. Auguri!».
Ma la quiete dura poco. Sulla paginetta del 7 marzo si legge: «abbiamo terminato il riposo. Alle 19 partenza ma non si sa dove si va. Arrivo a Tepeleni alle 21. Sosta sino alle 23 poi partenza. In bocca al lupo». «All’alba si arriva a Monastir. Si sale in montagna dove si addestrano i plotoni. Alle 20,30 si arriva sul posto in rinforzo al 48° Reggimento Fanteria» e il giorno dopo «si parte alla sera e si va a metri 1200, ultima tappa il monte Colvo dove si arriva alle ore 3. Io e Gatti facciamo una tenda perché piove e si dorme sino all’alba. Poi ci assegnano il posto per addestrarsi».
Martedì 12 marzo: «alle ore 2 arriva l’ordine di partire. Leviamo le tende. Arrivano i viveri e poi arriva l’ordine di rimanere e rifare le tende. Alle 19 ordine di attaccare il nemico dopo una snocciolata di bombe assai vicina». Il giorno dopo: «alle ore 17 attaccano i greci e noi pure si va all’attacco. Alle 20 torniamo al nostro posto. Monto di vedetta e prendo una sbornia di cognac».
Passano alcuni giorni di calma ed intanto il giovane Abbondio si accorge di avere sintomi di congelamento ai piedi. Va in infermeria, lo medicano ma non lo ricoverano. C’è il sole ma il freddo è intenso; di sera si ripetono gli attacchi e i contrattacchi, il pericolo è vicino e venerdì 21 marzo il giovane fante comasco annota: «si va all’attacco verso sera. Sì, anche io ho la soddisfazione di atterrare qualche uomo greco».
Da sabato 22 a mercoledì 26 il giovane Cantaluppi e i suoi commilitoni - come annota giorno dopo giorno - sono impegnati in continue marce di trasferimento. Da mangiare pane, scatolette e cioccolata; «siamo arrivati sul posto. Si dorme male e al mattino ci sistemiamo i piedi. Dopo la tanta marcia mi fanno male».
Approfittando di un paio di giorni di calma, Abbondio può andare in infermeria per farsi medicare le lesioni da congelamento, il rancio è caldo anche perché hanno riparato la cucina da campo. «Servizi non ne faccio più. Scrivo a mamma. Ora ci sparano addosso perché hanno scoperto il posto. Sono stanco di rimanere fermo senza camminare. Caccia ai pidocchi. La barba è lunga».
Il 1° aprile non si annuncia come uno scherzo, anzi. «Alle 10 vado in infermeria e ripasso la visita del ten. Trombetta. Mi manda in ospedale. Benone. Finalmente è giunto il giorno propizio». Il giorno dopo «alle 9 lascio la Compagnia per andare all’ospedale. Alle 11 partenza e dopo 12 ore di camminare a piedi o con automezzi arrivo a Senanai. Ristoro con latte caldo. Mangio il rancio alle 4 della sera». Giovedì 3 aprile: «alla mattina latte caldo. Per la prima volta dopo tre mesi disinfezione degli abiti. Alle 14 si parte per l’ospedale n.118 a 14 km da Valona. Il fronte è lontano e i colpi non si sentono più».
Ancora visita medica venerdì e «mi tagliano via una falange congelata del piede sinistro. Alla sera chiedono informazioni e si deve cambiare ospedale».
Trasferimento a Valona: «visita medica. Medico cattivo. In infermeria mi comunicano la partenza per l’Italia. Dormo male. Il pensiero vola a casa, all’Italia, alla destinazione. Chissà…».
Domenica 6 aprile si trova annotato: «si mangia male. Brodo e carne lessa. A sera riso e brodo. Scrivo a casa. Mamma presto sarò in Italia. Non pensare nulla di male».
Il mattino del giorno dopo «ci si alza presto ma la nave non arriva. Si mangia male. Si cambia posto e dormo in terra. Topi che ci passano sopra la testa. Mangio mortadella di Bologna».
Né martedì, né mercoledì si vede la nave, ma giovedì «finalmente la nave è arrivata. Alle 15 si sale a bordo. Alle 18 si parte sino all’isola di Saseno. Alla sera si parte per l’Italia».
E dopo la traversata dell’Adriatico: «alle ore 9 si arriva a Bari. Si mangia alle 12 e alle 15 si sale in ambulanza e si va alla stazione per andare a Firenze. Pacco dono Fascio femminile di Bari. Alle 24 si parte».
In treno «caffè alle 8 e rancio a mezzodì. Verso le 21 arrivo a Firenze e alle 22 ci trasportano all’ospedale S. M. Nuova. Si mangia e si dorme in un letto».
Dopo la giornata di Pasqua (ricordata all’inizio) riprendiamo a far scorrere le paginette dell’agenda e a leggere le annotazioni «latte, bagno, sistemazione. Si sta bene e si mangia bene. Arriva un regalo dei signori di Firenze e un telegramma di Camillo contento del mio arrivo in Italia».
Ma gli spostamenti non sono finiti. Infatti arriva l’ordine di cambio e dopo una gita ad Apuania, alla sera li mandano in un ospedale vicino a Villa Mantellata. «Si sta bene anche qui: il giardino è grande. Si mangia bene ma poco. Il capitano medico reclama e il vitto aumenta. Scrivo a casa e a tutti i conoscenti del mio rientro in Italia».
Giorno dopo giorno il giovane fante di Garzola continua ad annotare diligentemente le visite mediche e le cure, ma anche le ore di svago come quelle di sabato 26 aprile: «oggi alle 15 il dopolavoro Fiat ci ha portati a vedere Firenze e ci è stato dato un pacchetto per ciascuno con un’arancia, cartoline, sigarette e cioccolato».
La vita di Abbondio è sicuramente più tranquilla di quando era al fronte. Le annotazioni del suo "diario" continuano ad essere quotidiane ma non c’è più preoccupazione.
Ha ricevuto la visita del fratello Camillo («una vera improvvisata e la sera troviamo da dormire dal contadino della villa»), segna l’importo di una "decade" (lire 247), di essere stato accompagnato con altri commilitoni a teatro per assistere all’opera <+G_CORSIVO>L’amico Fritz<+G_TONDO> e di avere ricevuto dei pacchi-dono.
Alla data del 12 maggio annota: «oggi la principessa Maria Josè del Belgio è venuta a trovarci», e il giorno dopo «anche oggi ho la fortuna di andare a fare la gita. Siamo invitati al palazzo reale Pitti dove c’era la principessa con i suoi figli».
Continuano le medicazioni, gli arrivi di posta e le visite. «Oggi le studentesse ci hanno portato dei pacchi bellissimi e abbiamo fatto le foto». Hanno ricevuto le foto il giorno dopo, hanno assistito alla Messa e fatta la comunione.
E’ di lunedì 19 maggio 1941 l’ultima pagina del diario personale di Abbondio Cantaluppi: «arriva l’ordine di cambiare ospedale. Si va a Careggi. Sono molto spiacente di lasciare Villa Mantellata».
Ma il giovane tipografo di Garzola completa il diario a pagina 30 maggio con delle cifre che ci offrono una visione sia pure parziale di quel fronte di guerra: «truppe trasportate da navi n. 560.603 - da apparecchi italiani n. 30.851 - da apparecchi tedeschi n. 39.586 - soldati fuori combattimento tra morti, feriti e congelati n. 70.305 - automezzi 15.851 - quadrupedi n. 83.702 - tonnellate materiali 2.923 - tonnellate merci 77.166».
Dopo un breve periodo a casa, dal mese di luglio per Abbondio Cantaluppi è stato un continuo entrare ed uscire dall’Ospedale militare di Milano al fine di espletare gli opportuni accertamenti e in data 1° gennaio 1942 è stato giudicato «inabile al servizio militare» e posto in licenza speciale in quanto l’infermità era dipesa da cause di servizio. Nonostante ciò, non gli era mai stato riconosciuto alcun trattamento economico. Ognuno di noi faccia le riflessioni che crede.
<+G_FIRMA>Stefano Bonetti

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