Il racconto d'agosto de <La Provincia>:
Il gioco della finanza/6

Liberto Daverio-Moneta tornò in redazione a mani vuote
<Lo sapevo - esultò Lapalla - Non ha saputo scrivere nemmeno una parola>

Lunedì mattina Liberto Daverio-Moneta varcò la soglia della redazione per ritrovarsi di colpo nell’atmosfera di un saloon, proprio nel momento in cui Black Jack, cacciatore di taglie e pokerista di pregio, si presenta assetato al bancone, il volto cotto al sole del deserto.
In questo caso Black Jack era Liberto stesso e lo stanzone ammutolì mentre le teste dei redattori si voltavano all’unisono a spiarlo.
La domanda, sospesa nell’aria come il profumo di Generosa Jenny, popolarissima stella del saloon, era la seguente: avrebbe Black Jack - o meglio Liberto - prodotto l’articolo richiestogli da Porfirio Lapalla?
Il cronista sportivo rimase in attesa alla sua scrivania.
Il momento era solenne e la scommessa stava per essere risolta.
«Dunque?»
Liberto scosse la testa.
«Lo sapevo!», esultò Lapalla. «Lo sapevo, dannazione! Che cosa vi avevo detto? Questo sbruffone non sarebbe stato capace di scrivere una sola parola. Grande giornalista, eh? Mago della finanza, nientemeno? Ma fatemi il piacere: una semplice partita di calcio e l’artista va in crisi. Beh, caro il mio Beberto-Lafreta, mi dispiace proprio, ma la scommessa parla chiaro: niente articolo, niente pace sulla terra».
Alzò il volume della radio alla portata massima e incominciò a raccogliere puntate su una semifinale regionale di pelota basca.
«Avanti, ragazzi, avanti: come dicono a Monte Carlo, fate il vostro gioco. Che poi, intendiamoci, è anche il mio...» E qui sganciò una risata da far tremare i vetri.
Liberto sprofondò nella sua sedia e, mentre nessuno più gli badava, lasciò correre la mente lungo pensieri misteriosi.

* * *

La domenica successiva, il calendario del Girone H di Prima Categoria imponeva alla Sanclemenzianese una trasferta impegnativa: i giocatori in rosso e nero se la dovevano vedere con l’Atletico Baluardo, formazione ancora imbattuta dall’inizio del torneo.
Per gli appassionati di Sanclemenziano era un appuntamento da non perdere. La vittoria per 2 a 0 sulla Real Torpedo - per quanto del tutto sfuggita a Liberto Daverio-Moneta - aveva rilanciato le ambizioni dei loro colori: un analogo risultato ai danni del Baluardo e sul serio avrebbero potuto cullare sogni di gloria: la promozione alla categoria superiore.
Le iscrizioni alla trasferta erano state aperte a metà settimana e, la domenica mattina, Ferdinando dell’Osteria Tre Cetrioli (la stessa in cui Liberto si era rifocillato prima della partita), si incaricò dell’appello dei partecipanti.
Ferdinando non era uomo fatto per le sottigliezze (tranne quando affettava il salame con cui imbottire i panini) e non si stupì più di tanto quando, scorrendo la lista, incontrò il nome, a lui sconosciuto, di Rovo Badiloni-Emettera.
In risposta alla sua chiamata, si fece avanti un uomo con il cappello tirato sugli occhi, un gran paio di baffoni a manubrio e la sciarpa rossa e nera della Sanclemenzianese avvolta intorno al collo che salì svelto sulla corriera prendendo posto in uno dei sedili più arretrati. Ferdinando gli dedicò giusto un’occhiata prima di continuare con l’appello: il programma non ammetteva ritardi.
Il clima era tipico delle grandi giornate calcistiche: euforia e ottimismo dominavano tra i paladini della Sanclemenzianese e quando la corriera si avviò traballando lungo la strada principale, i primi canti sgorgarono dalle gole dei tifosi.
"Sanclemenzianese del nostro cuor, fagliela veder tu", brano composto dal maestro (elementare) Argenti, fu come sempre il preferito, ma anche "Orsù, Sanclemenzianese, orsù" e "Senti come batte questo mio cuor vero: batte in rosso e anche in nero" sollevarono apprezzabile entusiasmo.
Sulle prime, il misterioso supporter baffuto sembrò starsene in disparte ma, giunti al chilometro ventisei di centocinquantatré, osò unirsi al coro di "Stendilo, San Clemenziano, stendilo (o almeno fa che sia in fuorigioco)" e ben presto aggiunse a ogni canzone la sua voce di baritono leggero.
All’arrivo, poteva ormai dirsi parte integrante del drappello e, in risposta al suo entusiasmo, i tifosi della Sanclemenzianese lo onorarono affidandogli una delle più grandi bandiere che avessero portato in trasferta.
Fiducia ben riposta, perché il nuovo arrivato si diede un gran daffare nell’agitare il drappo, senza per questo rinunciare a cantare e, quando i sostenitori dell’Atletico Baluardo comparvero sugli spalti, a dar prova di fantasia e resistenza scagliando loro vibranti insulti.
Ancor prima del fischio d’inizio, chiunque avrebbe potuto scambiare Rovo Badiloni-Emettera per un tifoso di lungo corso, un fedelissimo che mai avrebbe smesso per un solo minuto di incitare la squadra del cuore e mai avrebbe risparmiato una stilla di energia nel suggerire ai giocatori avversari un miglior uso delle loro domeniche.
Aggrappato alla rete di recinzione del campo, proponeva alla vista dei contendenti l’espressione consona a ogni vero appassionato: occhi iniettati di sangue, lineamenti stravolti e bava alla bocca. Tutte cose che raccolgono un immancabile successo tanto negli stadi quanto nei manicomi criminali.
Soltanto la sera a casa, molte ore dopo la partita, abbandonò quell’espressione feroce e, togliendosi cappello e baffoni posticci, rivelò allo specchio - e allo specchio soltanto -  il volto di Liberto Daverio-Moneta.

Mario Schiani
(6 - continua)

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