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Domenica 05 Marzo 2023
Jasmine Monti: «La mia avventura nel mondo del cinema»
Intervista L’attrice comasca nel film “Io sono l’abisso” di Donato Carrisi, ora in programmazione su Netflix
Tempi moderni: oggi quando un film italiano esce nelle sale, purtroppo, è possibile che resti appannaggio di un pubblico di cinefili, appassionati che ancora privilegiano la visione collettiva, sul grande schermo.
Ma appena quello stesso titolo approda su una piattaforma come Netflix, ecco che, improvvisamente, chi lo ha interpretato conosce una popolarità tutta nuova.
Accade a Jasmine Monti, attrice comasca con un piccolo, ma significativo ruolo in “Io sono l’abisso” - che Donato Carrisi ha tratto dal suo omonimo romanzo e che ha girato in parte anche sul Lario - che sta conoscendo una nuova popolarità proprio grazie allo streaming: è disponibile su Netflix, su Now tv e Sky Go.
«Mi sono accorta che era successo qualcosa perché ho ricevuto tantissimi messaggi e chiamate da chi mi ha riconosciuta sullo schermo – racconta la giovane interprete – Adesso ho capito cosa si intende quando si dice che il pubblico televisivo è tutta un’altra cosa».
Com’è nata questa avventura cinematografica?
Ho avuto la fortuna di trovare un’agenzia che è stata contattata dalla produzione del film alla ricerca di varie figure per il film. Ogni agenzia ha attrici e attori da proporre a seconda delle caratteristiche richieste. Dopo di che viene scelto chi “provinare”.
Come avviene questa selezione? Raccontiamo la vita di una giovane interprete.
In genere viene richiesto un “self tape”, un breve filmato dove si affronta la scena che viene inviata appositamente. La mia parte era “ragazza del supermercato”. Così bisogna avere qualcuno che ti dà le battute, cercare di fare un’inquadratura decente, che non penalizzi questo provino. È anche divertente.
Da lì al provino vero e proprio...
Sì, naturalmente con tante altre ragazze, nel mio caso, con vari “callback”. Quindi si viene richiamate più volte fino a che non si rimane in due e poi c’è la scelta definitiva.
Naturalmente è un processo che può riguardare più film contemporaneamente.
Certo, e i tempi possono essere molto lunghi. In questo caso mi hanno confermata due mesi dopo, quando quasi non ci pensavo più.
Poi l’incontro con il regista.
Quello è avvenuto a Varese, durante la prova costumi. Carrisi è stato molto gentile e, soprattutto, ha voluto che provassi la scena più volte prima di girare, una tecnica che mi ha aiutato molto per definire il personaggio e che dice molto della sua meticolosità come regista, visto che si tratta di una parte piccola.
Un metodo che si avvicina di più al teatro.
La mia formazione è quella. Ho frequentato la “Paolo Grassi” dopo avere studiato con Ester Montalto a Como. Il mio amore è sempre stato il palcoscenico, ma tutti sanno quanto è difficile, ora, inserirsi nel mondo teatrale mentre la recitazione davanti alla macchina da presa, intesa nel senso più ampio che va dagli spot al grande film, offre maggiori opportunità lavorative. La stessa “Paolo Grassi” ha aperto alla recitazione cinematografica.
Come si inizia a proporsi per il cinema?
La cosa più importante è proprio trovare un’agenzia, che ti rappresenta, propone ruoli, ti informa dei casting se c’è un ruolo che potrebbe essere adatto a te. E non è, comunque facile trovarne una pronta a scommettere su di te. Mi ritengo anche molto fortunata.
Però alla base c’è la passione oltre alla voglia di mettersi in gioco.
Nel mio caso si potrebbe parlare di predisposizione naturale, perché da piccola ero una di quelle bambine che improvvisa monologhi, che sale sulla sedia per recitare. Devo ringraziare i miei genitori che hanno visto qualcosa in me, che mi hanno lasciato seguire i miei sogni prima a Como, ora a Milano anche se per il cinema è sempre importante anche Roma.
A proposito, attrice comasca, film ambientato sul lago, ma la scena è stata girata altrove.
Sì, il set era a Ostia.
I prossimi progetti?
Continuare con i casting, leggere copioni sperando che ne arrivino, ben accette le offerte pubblicitarie, poi c’è l’insegnamento. Penso di restituire un po’ di quello che mi è stato dato con un laboratorio per bambini a Milano.
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