Cultura e Spettacoli
Mercoledì 01 Aprile 2009
Kandinsky e Sartoris,
lettere sull'arte
Fu l'architetto legato al Gruppo Como a lanciare in Italia l'artista russo, che fu determinante anche per l'arte di Badiali e Radice. In anteprima la storia di un'amicizia e di uno scambio epistolare pressoché sconosciuto
Kandinsky ha una forte influenza sugli astrattisti comaschi, attivi in una situazione particolare per il contatto con gli architetti razionalisti, in primis con Giuseppe Terragni e Cesare Cattaneo. È il caso di Radice, autore delle pitture murali per Ia Casa del Fascio di Como di Terragni, esempio unico, in Italia, e tra i pochissimi in Europa, di rapporto tra arte astratta e architettura e coautore nel 1935-36 con Cattaneo della Fontana eretta nel Parco Sempione di Milano per la VI Triennale ora in piazza Camerlata, dove è stata ricostruita nel 1960-61. I motivi figurali di Kandinsky e le loro connessioni fluide sono ancora più evidenti in Radice nel dipinto "Dinamismo sinuoso in verde e bruno" del 1940-42.
Più diretta la relazione con Kandinsky di CarIa Badiali, sempre del "gruppo" di Como, che si collega alla problematica della Iinea del punto sulla superficie in vari suoi Iavori, tra i quali "Composizione n. 33" del 1937, in cui il punto e la Iinea ondulata Iibera tipicamente kandinskiana sono accompagnati da una composizione di strutture geometriche. Due mostre hanno segnato la storia della conoscenza dell’opera di Kandinsky in Italia negli anni trenta e quaranta, come ha messo ben in evidenza Luciano Caramel nell’ambito della mostra a Palazzo Reale lo scorso anno: quella alla Galleria del Milione del 1934 a Milano (dove Kandinsky presenta, per la prima volta in Italia, 45 acquarelli e 30 disegni realizzati dal 1924 al 1933) e la retrospettiva alla Biennale del 1950, basata essenzialmente sulla collezione di Nina Kandinsky. La ricostruzione di queste due esposizioni, permette di chiarire le basi del "fenomeno Kandinsky" in Italia. Il linguaggio formale sviluppato da Kandinsky all’inizio degli anni Venti attraverso l’uso delle forme geometriche che sostituiscono gli elementi ricorrenti durante il periodo del "Blaue Reiter" (cavalli e cavalieri, barche, troike, montagne e Kreml), è infatti il perno della ricezione dell’artista in Italia, non meno della sua lezione appassionata sul colore, sviluppata nello "Spirituale nell’arte". La mostra del 1934 era stata sollecitata e ottenuta da Alberto Sartoris, architetto futurista-razionalista torinese residente in Svizzera, assai importante per l’astrattismo italiano, in particolare per quello comasco e molto vicino a Terragni.
Si evince l’amicizia Sartoris-Kandinsky da un fitto rapporto epistolare indagato da Ada Masoero. La prima lettera di Sartoris a Kandinsky conservata a Parigi è datata 7 agosto 1933: l’architetto gli scrive a Berlino (dove il Bauhaus si è dovuto trasferire da Dessau) dal castello di Glèrolles a Rivaz, in Svizzera, dove vive, per ringraziarlo per il Cahier 14 di "Sèlection" che Kandinsky gli ha inviato, corredandolo con «una dedica così gentile». Gli annuncia Ia prossima, probabile uscita del suo saggio su di lui su "Créer" e gli chiede di introdurlo presso qualche rivista tedesca, perché, come scrive in una significativa dichiarazione d’intenti, «sono pronto a difendere Ia vostra opera che mi ha colpito come un gran raggio di sole sin dai momento in cui mi e apparsa non ricordo più in quale mostra. Ho avuto poi troppo rare occasioni per vedere Ia vostra pittura (a Parigi e a Zurigo), ma spero di poter venire un giorno a BerIino per conoscervi di persona e studiare più a fondo la vostra arte». Immediata la risposta di Kandinsky che il giorno successivo, in una lettera dattiloscritta (in cui si scusa per il suo francese così "povero"), si duole con lui della pessima opinione che accompagna l’arte astratta in Germania: «l’arte detta astratta - gli scrive - non trova simpatie presso il nuovo governo, la si giudica un’arte troppo "distruttiva" con un’infIuenza dannosa sulla gioventù tedesca. Si dice anche che non è un’arte "nazionale", e che dunque non è un’arte tedesca. Ma ho inteso opinioni anche più radicali: che l’arte astratta e un’arte materialista per eccellenza, un’arte marxista. La situazione é difficile. Per quanto mi riguarda, spero ancora che il governo tedesco prenda esempio dall’Italia, dove Marinetti è membro dell’Accademia. Dal mio punto di vista l’arte astratta è per eccellenza un’arte "costruttiva", dal momento che si occupa appassionatamente della composizione e non comporta alcun momento distruttivo».
Kandinsky chiede tuttavia a Sartoris di non essere incluso nel suo saggio su di lui fra gli artisti russi: «Voi mi capite, caro Sartoris! Se voi mi definite "artista russo", sono condannato a portare su di me tutti gli effetti degli errori dei russi». Scrive anche che gli è impossibile esporre in Germania: «Quasi tutti i musei tedeschi hanno staccato Ie mie tele (...) e Ia mia situazione è veramente molto difficile». Sartoris gli risponderà solo qualche mese dopo, il 25 novembre, comunicandogli di essere stato in Italia e di essersi mosso per promuovere Ia sua arte: «Sono molto Iegato al direttore della Galleria del Milione a Milano che è il centro artistico moderno deIl’Italia nuova» - gli scrive. «Sappiate dunque che ho proposto una mostra di Kandinsky per questo inverno. La proposta è stata accettata e, se voi siete d’accordo, siete invitato a occupare gratuitamente tutte Ie saIe della galleria, nel momento dell’inverno che vi converrà meglio». A carico dell’artista sarà la spedizione delle opere tutte Ie altre spese saranno sostenute dalla galIeria. Inoltre gli promette di scrivere un lungo articolo su di Iui su "Quadrante" rivista che, scrive, «è l’organo ufficiale degli artisti italiani d’avanguardia e raggiunge un pubblico interessante». Molto attento a ogni dettaglio, Kandinsky non soIo chiede che sia invece la galleria a pagare Ie spese di trasporto, ma s’informa sulI’impatto negativo che il Carnevale potrebbe avere sul numero dei visitatori. Sartoris gli assicura che «i nostri amici di Milano faranno l’impossibiIe affinché qualcuna delle vostre tele si venda e resti in Italia» (in realtà Kandinsky esporrà in questa mostra milanese solo lavori su carta e uno solo, a giudicare dal carteggio con i galleristi, sarà venduto, dopo un forte ribasso del prezzo). Dall’ultima cartolina, del 10 giugno 1935, dopo essersi scusato per non poter raggiungere Parigi per l’inaugurazione della sua mostra, a cui Kandinsky l’ha invitato, il rapporto epistolare si interrompe, mentre si infittisce quello con Peppino Ghiringhelli, direttore della milanese Galleria del Milione.
(* Professore di Storia dell’architettura al Politecnico di Milano)
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