Cultura e Spettacoli / Como città
Domenica 21 Luglio 2013
La lezione di Elisabetta Sgarbi
«Cultura? Uno sforzo per tutti»
La creatrice della Milanesiana: «Qui a Como vedo titoli di qualità». Intrigante il suo «Qui pro quo». Stasera c’è «Vita di Pi» di Ang Lee
Un documentario difficile, “Qui pro quo” di Elisabetta Sgarbi, forse non adatto a un pubblico ampio e, infatti, ben in pochi lo hanno visto, venerdì sera all’Arena del Teatro Sociale.
Sicuramente spettatori ben diversi da quelli che, stasera alle 21.30, sono attesi per “Vita di Pi” di Ang Lee, premiato con ben quattro Oscar, in cartellone per avvicinare anche i ragazzi e i giovanissimi al “Lake Como Film Festival” (biglietti a 8 euro).
L’incursione della regista e intellettuale ferrarese non è, comunque, passata inosservata. La Sgarbi ha avuto parole di lode per questa iniziativa: «Ho letto il programma, è molto bello, mi piace molto che sia aperto da Diritti e chiuso da Malick, quest’ultimo con un film, “To The Wonder” che consiglio vivamente. Ho accettato subito, senza ombra di dubbio: è la prima edizione di un festival che, da come si presenta, punta alla qualità e perciò, benché io sia restia ad accettare gli inviti per motivi di lavoro, ho subito detto di sì. Sono molto felice anche che mi sia stato chiesto di portare un film come questo che parla di Avanguardia in campo artistico, ma che riserva al paesaggio un ruolo così centrale». Lo spunto iniziale arriva dal sindaco di Gibellina Ludovico Corrao che, dopo il devastante terremoto del Belice, chiamò artisti come Burri, Consagra, Purini e Quaroni perché collocassero opere di arte contemporanea nella città ricostruita.
«Questo film ci racconta di come l’arte spesso si confronti anche con l’artigianato, che spesso si rivolge alla tradizione, ma che rappresenta un ponte verso il futuro». Ma come può, oggi, un’artista incidere realmente sul paesaggio che lo circonda? «L’artista deve valorizzare i beni del territorio - risponde - Io mi sono innamorata di un artista francese che lavora dei tessuti italiani, delle sete che trasforma, attraverso il proprio tratto, in opere d’arte. Se c’è questa produzione di materiale, la seta, bisogna sfruttarla come ingrediente che diventi un’espressione del luogo perché l’espressione di un luogo è anche quello che vi si produce, e questa forma di artigianato può diventare arte».
Belle parole che, però, si scontrano con una realtà fatta di crisi economica, di una cultura con cui, secondo alcuni, “non si mangia”, vera e propria Cenerentola quando ci sono fondi da stanziare.
Lo sa bene l’organizzatrice di una delle più seguite rassegne multiculturali italiane, la Milanesiana: «In un momento di crisi non si può chiedere né agli enti, né soprattutto ai privati, alle prese con licenziamenti, chiusure, veri drammi, di sostenere come prima o addirittura più di prima le attività culturali. Bisogna che tutti collaborino perché la cultura continui a vivere, dagli organizzatori che devono darsi da fare con il poco che hanno a disposizione, agli artisti che non devono, in questo momento, avere pretese economiche inusitate, e dal pubblico che non deve abituarsi a una cultura per forza gratuita».
© RIPRODUZIONE RISERVATA