
Cultura e Spettacoli
Giovedì 30 Aprile 2009
<Io, vittima, vi dico:
sul terrorismo
troppa ambiguità>
La figlia di Walter Tobagi: <Non c'è stato spazio
per un'elaborazione culturale sulla violenza>
Benedetta Tobagi ha conosciuto suo padre forse più di tanti figli che pure non sono rimasti orfani... Come è avvenuto questo recupero?
Da vittima io stessa dell’assassinio di mio padre sono diventata in certo senso testimone, mi sono assunta il compito della memoria. In ogni famiglia colpita da stragi del terrorismo, c’è una persona che si fa carico di questo. E stata una lenta ricostruzione della fiducia, sentimento per me quasi impossibile e mai del tutto recuperato... Non avrei potuto fare a meno di fare questa ricerca e la considero un compito fondamentale, utile a tutti data l’enorme rimozione della nostra società italiana, sempre refrattaria a ricostruire la storia.
Da dove ha cominciato?
Mio padre ha scritto tutta la vita con un ritmo intensissimo, iniziò a 14 anni collaborando al mitico giornale studentesco La Zanzara (fece scalpore l’inchiesta sul sesso che rappresentò un primo segnale della contestazione ndr). Sono preziose le sue inchieste, sempre vissute dal di dentro: era uno degli studenti quando scoppiò il sessantotto nelle università e lui fu cronista e al tempo stesso protagonista di quel fenomeno. Nel 1970, a 23 anni, pubblicò un libro sui figli della nuova sinistra.
Perché conoscere la storia di quegli anni è importante oggi?
Walter Tobagi ha fornito un contributo storico, giornalistico e sindacale - dato che il sindacato è stata l’altra grande passione cui dedicò importanti energie - fondamentale per rileggere quanto è accaduto in un’ottica che punta a costruire, a cercare e verificare la strada di un realistico cambiamento. Lui era imbevuto di una cultura di matrice cattolica e socialista, ereditata da suo padre, era un riformista preoccupato del miglioramento sociale... Il terrorismo di sinistra ha eliminato chi agiva con la stessa logica, penso a Galli, Alessandrini, Tarantelli, D´Antona e altri, tutte vittime della stessa violenza mirata a far fuori chi ostacolava o rallentava lo scontro sociale.
Suo padre era nel mirino e lo sapeva, eppure...
Non era un politico, era un giornalista e aveva il senso della professione innanzi tutto come servizio alla comunità, esattamente il contrario dell’individualismo che trionfa oggi. Quindi non si sottrasse mai al suo compito, raccogliere tutte le voci, raccontare per intero la realtà, la verità dei fatti.
Lei ha già scritto un libro (in prossima uscita da Enaudi) e non perde occasione per lanciare dal vivo le provocazioni scomode di Walter Tobagi
Soprattutto i giovani, devono aprire gli occhi su quanto è accaduto e accade oggi. L’eredità di mio padre riguarda proprio la possibilità di guardare avanti, di costruire il cambiamento... Essendo mancata una riflessione esatta sugli obiettivi del terrorismo, sulle complicità di cui si è nutrito e sugli effetti che oggettivamente hanno bloccato lo sviluppo sociale del paese, è rimasto lo spazio per perpetuare il racconto di sé fatto dai terroristi che si presentano spesso oggi come rivoluzionari romantici. Restare in una lettura ideologica e falsa è pericolosissimo, non aiuta a giudicare quel progetto di eversione dello Stato e della Costituzione... Non consente un’elaborazione culturale sulla violenza che, di destra o di sinistra, non produce altro che distruzione e regresso sociale. Si diceva "né con lo Stato né con le Br" e ancora oggi non si sente tanto forte la voce di chi "sta con lo Stato contro le Br".
Laura D'Incalci
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