Luca Ghielmetti, un nome
e un disco lungo dieci anni

Il cantautore di Valmorea regala al suo pubblico una nuova raccolta di nove brani suonati con Cohen

Autunno, stagione dei cantautori. Guardate le vetrine dei negozi di dischi e scorgerete le nuove opere di Vinicio Capossela, Ivano Fossati e Paolo Conte.
A breve a questi volti si aggiungerà quello a noi più caro di Luca Ghielmetti che un cd dell’avvocato, pur con i suoi tempi, non è una rarità, il genovese pubblica a brevi scadenze, anche tutti gli altri non si fanno pregare. Dissipando il loro talento, costringendosi a una pratica di scrittura costante che non sempre è ripagata da canzoni realmente memorabili.

Nove brani dopo dieci anni
I nove brani che compongono questo album, invece, sono il frutto di una gestazione lunghissima, hanno attraversato un decennio per arrivare fino a noi in una veste definitiva. Prima hanno vissuto l’esistenza precaria dei concerti, quando apparivano al cospetto dell’ascoltatore dapprima ignaro, poi costante nel richiedere all’artista di registrarla, una volta per tutte, quella benedetta melodia.
E sono davvero benedette le note che, finalmente, hanno preso forma, aiutate dalle chitarre del grande Jimmy Villotti, ma anche da quelle “straniere” di Tim Sparks e Greg Leisz, dalle percussioni di Cyro Baptista, dalla fisarmonica di Franco Piccolo e dai fiati di un altro bel nome nostrano, quello di Mario Arcari.
Al contrabbasso, ma, soprattutto, a supervisionare i lavori Greg Cohen: quest’anno abbiamo incontrato il suo nome nei crediti di Harps and angels di Randy Newman, dei Film works di John Zorn e perfino al fianco di Antony & The Johnsons mentre trascorreva il tempo in tour saltando da un continente all’altro al seguito di Elvis Costello e Ornette Coleman contemporaneamente.

Cohen consulente da sempre
Ma ha avuto tempo per accompagnare l’amico italiano fino al termine di un viaggio cominciato, per certi versi, già quando fu pubblicato Dolci spose mancate d’un soffio.
Un percorso che si legge tutto in una dedica, “a Francesca, Pablo e Mattia”, che dice più delle canzoni. Che ne hanno di cose da dire, da Antes que muda el mar tondeggiante e sudamericana, un’azzurra milonga perché invece di nascondersi dietro a un plettro, come tanti colleghi, Ghielmetti non ha problemi a mettersi al confronto con ispiratori che ama e omaggia, mescolando le influenze, però, nella valse lenta di Quei bei baci a Paris, Tom Waits incontra Franz Lehár. Si incasella perfettamente in questo contesto Le corniole di nonno Rassouli che intitolava il debutto di Ghielmetti, tradita al tempo da un arrangiamento non troppo centrato, appagata, ora, da questo carnet di signori musicisti che la fanno ballare davvero.
Stessa considerazione, in parte, per A un passo dalle nuvole, cantata mille volte sul palco, regalata, si temeva definitivamente, a Enrico Ruggeri, riportata alla sua forma migliore, quella originale, con il cuore gonfio di commozione, la stessa che si legge su La faccia del papà che, certo, non avrebbe potuto essere scritta troppo tempo fa, inno al primo dei supereroi.
I treni di un’ora ha l’odore di limatura di ferro che resta addosso dopo un viaggio sulle Nord, Il dottor Carlo è un bozzetto che non sarebbe dispiaciuto a Piero Chiara, che non dispiacerebbe ad Andrea Vitali, che piace a noi quanto l’intensa Barbara che prelude alla fuga su Le rosse di Amsterdam, che sono poi le biciclette che scompaiono all’orizzonte fino al prossimo appuntamento.
Il disco si intitola Luca Ghielmetti, come si confà alle opere personali, è pubblicato da Old Times Records e distribuito da Egea, sarà presentato a Como al Nerolidio Planet Music giovedì 13 novembre.
Alessio Brunialti

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