Cultura e Spettacoli
Sabato 24 Gennaio 2009
Lucia e Renzo da ridere:
e la parodia finì al macero
Ripubblicato il romanzo goliardico di Guido da Verona, mandato al rogo nel 1929. Fu l'inizio di una serie di fortunate "riletture" del grande classico manzoniano
La tentazione di riscrivere "il classico" o la storia che è diventata talmente patrimonio di tutti da rappresentare un intero immaginario popolare, è sempre stato forte. E il Novecento ha dimostrato che si potevano rompere tutti gli schemi e non prendere alla lettera il testo preso in considerazione, ma addirittura rileggendolo nella chiave della parodia e del comico, con il risultato di capovolgere radicalmente e in modo estremo le caratterizzazioni dei personaggi, mettendoli benevolmente in ridicolo, operando una vera e propria possibilità di amplificazione di quei caratteri "pop", tipici della cultura popolare, già presenti in itinere nell’opera e aggiornandoli al contesto sociale in cui la parodia agisce. Senz’altro il "classico" che ha avuto più "parodie", se non si tengono conto le decine di pellicole di serie B degli anni Settanta che prendevano spunto dal "Decamerone" di Boccaccio, è il capolavoro del Manzoni, "I Promessi Sposi", parodie che hanno trovato anche generi diversi di espressione, dal romanzo alla sceneggiatura fino allo spettacolo televisivo.
Con una costante che accompagna sempre chi tocca I Promessi sposi", in termini non strettatamente canonici: le violenti polemiche che hanno sempre segnato gli artisti che hanno riutilizzato il Manzoni in una chiave diversa, divertente e divertita.
Ne ha fatto le spese, di persona, Guido Da Verona che quando pubblica nel 1929 la sua rivisitazione dai toni goliardici dell’opera manzoniana, trasposta nell’attualità degli anni Venti, prima che il libro venga sequestrato e mandato al macero dal regime fascista, bande di facinorosi balzano all’assalto delle librerie e bruciano le copie del libro in piazza, mentre lui, che si trova a passeggiare in Galleria a Milano con l’editore Dall’Oglio viene insultato e malmenato. Oggi nessuno legge più Guido Da Verona, ma negli anni Venti era un campione di vendite, uno che sarebbe stato in testa alle classifiche per settimane, se allora fossero già state inventate le "top ten" editoriali. Ritorna, però, ora in libreria, proprio con questa curiosa "beffa" giocata da Guido Da Verona a Manzoni, autore che non sopportava al affatto, intitolata "I promessi sposi" (300 pag., 16 euro) edita nella bella collana «Adularia minima» delle edizioni Otto/Novecento, specializzata in questi raffinati recuperi. Troviamo una Lucia che è una bellezza di provincia, parla francese, non ha scrupoli con gli uomini e l’unico che fa sospirare e al quale non si concede è proprio Renzo. Niente più carrozze, ma automibili in questa versione "anni Venti": una Fiat 525 per Renzo e una più agevole e distinta Chrysler per Don Rodrigo. Decisamente boccacesche le avventure di un Don Abbondio, campione di astuzia e di una prevedibilmente lasciva Monaca di Monza. Max Bruschi, nella sua bella introduzione, mette in rilievo i procedimenti parodizzanti usati da Guido da Verona: «Se le grandi linee della trama originale rimangono inalterate, e i vari episodi possono essere letti a specchio, il romanzo viene "nocentizzato», introducendo situazioni e "tipi" familiari al lettore (il "bravo" si tramuta in "chauffeur", Don Rodrigo in un pescecane arricchito), arrivando a citare financo i modelli delle automobili o le marche di noti digestivi. Tutti i personaggi vengono caricaturizzati, ribaltandone la psicologia o, più spesso, accentruandone e amplificandone i lati comici già magari presenti in nuce nella costruzione manzionana».
Elementi che caratterizzeranno anche le parodie successive, anche se si devono aspettare gli anni Ottanta, per poter leggere in una "chiave" comica il "plot" della storia manzoniana. Il copione si ripete: le polemiche trovolgono lo sceneggiato del Trio Solenghi - Marchesini - Lopez che la Rai manda in onda nel 1990 e diventerà un programma "cult", uno sceneggiato televisivo, che si muove mescolando vari generi, dalla favola alla situation comedy, dalla fiction alla soap opera, dalle televendite ai monologhi teatrali, con qualche inaspettata incursione nel musical e nel varietà. Una storia, questa attualizzata nel contesto degli anni Ottanta, vista la partecipazione straordinaria di "personaggi" che sono diventati icone televisive di quegli annni da una Wanna Marchi nella parte della venditrice di unguenti contro la peste a un Giuliano Gemma che interpreta El Gringo, una variazione dei "bravi" manzoniani.
Anche Piero Chiara aveva lavorato ad una riduzione dei "Promessi sposi", una sceneggiatura per il cinema, dove immaginava una Lucia, molto prosperosa, che dopo aver stregato don Rodrigo, fra Cristoforo, l’ Innominato, finisce per diventare moglie di don Ferrante, rimasto vedovo da poco. Anche Don Abbondio appare piuttosto guadente e ama banchettare con Don Rodrigo. Chiara riporta il romanzo del Manzoni al suo mondo e al suo tempo e cambia anche i nomi dei persoggi, rendendoli più consoni al mondo popolare che anima le sue storie di lago. Anche in questo caso la polemica non manca: questa volta ad essere preso di mira è lo scrittore Ferruccio Parazzoli, che quando la sceneggiatura ritrovata viene pubblicata, nel 1996, firma la prefazione e viene accusato di aver avvallato, lui, scrittore cattolico, una rilettura decisamente contraria allo spirito manzoniano. Questa la sua risposta: «Allo scrittore Chiara era sembrato che i troppo celebri personaggi manzoniani mancassero di quel corpo e di quella carne che rendono umani, pur se meno perfetti, uomini e donne, maschi e femmine simili a quelli che ogni giorno egli incontrava sulle rive di quel lago. Riabbozzando a modo suo la sceneggiatura di un improbabile film sui personaggi manzoniani, lo scrittore Chiara non ha resistito all’ affettuoso omaggio di restituire ai corpi almeno un pizzico di quella carne di cui li sentiva privati. Ma questo nell’ Italia accademica e cattolica, che si e’ appropriata come di cosa sua dell’ opera e dell’ anima di Manzoni, e’ assolutamente vietato».
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