Massimo Olivieri:
«Addio al BeBop
Ma la musica continua»

Dopo quindici anni, il Bebop Cafè chiude e cambia gestione, segnando la fine di una piccola, preziosa era per tutti quelli che, nel locale di via Pasquale Paoli a Como, hanno sempre trovato parole, note e ristoro

Se quelle pareti potessero parlare, racconterebbero le mille storie di chi, anche solo per una sera, si è seduto al bancone per una birra, ha assistito ad un concerto, ha suonato sul palco, si è sfogato con il barista, si è innamorato, ha lasciato o è stato lasciato, ha conosciuto nuovi amici e ha riso fino alle lacrime. Oggi, dopo quindici anni, il Bebop Cafè chiude e cambia gestione, segnando la fine di una piccola, preziosa era per tutti quelli che, nel locale di via Pasquale Paoli a Como, hanno sempre trovato parole, note e ristoro, sotto la benevola guida di Massimo Olivieri.

Massimo, partiamo dall’inizio. Com’è iniziata l’avventura del BeBop e con chi?

Il BeBop è nato nel marzo del 2006, subito dopo la chiusura del Milonga, con l’idea di unire due anime diverse: un bar di giorno e un intimo e raccolto club live serale, con una programmazione musicale adatta al contesto. Proprio per questo, il suo nome deriva dall’influenza jazz degli anni Trenta e Quaranta, quando i musicisti che formavano le big band hanno iniziato a dare vita al fenomeno delle jam session all’interno dei piccoli locali. Siamo partiti in tre soci, ma dopo qualche anno siamo rimasti in due, io e mia sorella. Lei si è sempre occupata della parte diurna, mentre io ho gestito quella serale, dall’aperitivo in poi.

Ti ricordi uno dei primi concerti organizzati al BeBop?

Sicuramente uno di Lelecomplici, perché all’epoca Gabriele Gambardella mi dava una mano nella programmazione, cosa che ha continuato a fare anche in seguito. Sono stati anni in cui abbiamo dato ampio spazio ai gruppi locali, come i Bomboclan, che erano una delle mie band preferite.

E più di recente?

Ultimamente sono passate band giovani e talentuose come i Five Quarters e i Summit, a prova che si può sperare e contare sulle nuove leve. Al BeBop non abbiamo mai ospitato band o musicisti famosi o importanti venuti da chissà dove, ma tanti gruppi e cantautori che si sono esibiti live per la prima volta proprio su quel palco, artisti che poi ho visto diventare professionisti nell’ambito musicale.

Com’era la scena live comasca quindici anni fa?

Era molto diversa, non esistevano i social e si vivevano molto di più i quartieri, si frequentavano quei due/tre locali che erano diventati punti di riferimento, dove si sapeva che c’era sempre musica dal vivo. La programmazione si conosceva solo se si aveva la fortuna di vedere un volantino appeso da qualche parte o si usava il passaparola. Era forse più a misura d’uomo, una volta preso contatto con una realtà o una compagnia si coltivava la conoscenza e la frequentazione.

E per quanto riguarda la programmazione del BeBop?

Ho cercato di calendarizzarla e renderla continuativa, inserendo per ogni serata una proposta diversa, in modo da fidelizzare il pubblico, proprio come accade nei live club. Ci sono stati alti e bassi, ma non mi sono mai pentito delle mie scelte. Ad esempio, l’appuntamento del giovedì con lo swing, che abbiamo portato avanti per otto anni, ha creato davvero un bel fermento, portando a Como anche molta gente di Milano.

Tu hai annunciato la chiusura del BeBop con un post su Facebook. Come è stata accolta la notizia?

In tantissimi hanno voluto lasciare un commento, un ricordo. Per i nostri live non abbiamo mai messo vincoli di genere o di pubblico, quindi sono passate tantissime persone, oltre al nostro cosiddetto “zoccolo duro”, sempre presente. Tutti loro hanno fatto e faranno sempre parte di questa bellissima storia, migliaia di vite si sono intrecciate tra loro e qualcuno si è anche innamorato e sposato. L’emozione è stata vederli tornare a brindare per il loro anniversario.

E adesso, cosa succederà?

Il locale cambierà nome e gestione, ma con la volontà di mantenere più o meno la stessa formula del BeBop. Io, appena questo periodo sarà finito, comincerò a lavorare ad altri progetti sempre in questo ambito. Il sogno rimane quello, creare un luogo dove si possano fare concerti. Como ha bisogno anche di questo.

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