Cultura e Spettacoli
Giovedì 26 Marzo 2009
Moravia e i fratelli Rosselli,
una scoperta comasca
Lo storico Roberto Festorazzi ha rinvenuto, al Gabinetto Vieusseux di Firenze prove dell'amicizia tra lo scrittore e Giacomo Antonini, fiduciario della polizia politica di Mussolini, che a Parigi spiava le mosse di Carlo Rosselli, cugino di Moravia
Carlo Rosselli e suo cugino Alberto Moravia. Il primo, figura dominante tra i fuorusciti antifascisti in Francia, ucciso insieme al fratello Nello, per mano dei terroristi francesi della "Cagoule", a Bagnoles-de-l’Orne, in Normandia, il 9 giugno 1937. Il secondo, scrittore di grande successo, coerente nel suo disprezzo verso la borghesia, considerata come un aggregato moltiplicatore di conformismo sociale. Baciato in fronte dalla critica, nei suoi esordi letterari, Moravia fu sempre ostinatamente, a suo modo, un rivoluzionario: prima con la sinistra fascista, poi in seno all’intellighenzia comunista.
Ma, tra Rosselli e Moravia, sorge una specie di terzo polo, una enigmatica e poliforme personalità sulla quale sono caduti l’oblio e il silenzio. Si tratta del conte Giacomo (Gino) Antonini, un fiduciario della Polizia Politica di Mussolini, che, sotto l’identità pubblica del letterato, svolgeva a Parigi un lavoro delicato: spiare le mosse di Carlo Rosselli, agendo come infiltrato nel vertice del movimento di Giustizia e Libertà, e riferire a Roma cosa pensasse a facesse il nemico numero uno del Duce. Rosselli si fidò di lui fino all’ultimo, al punto da affidargli missioni internazionali assai rilevanti, quale suo rappresentante. Le sorprese, per chi si addentra a studiare il livello di micidiale efficienza operativa raggiunto dalla Polizia Politica mussoliniana nella seconda metà degli anni Trenta, sono sconvolgenti. Di Antonini, finora, si sapeva poco, perché nessuno si è dedicato a studiarne la raffinata attività di doppiogiochista. Chi scrive, sta riportando alla luce la trama di relazioni intessute dall’informatore numero 607 (nome in codice "Giacomo"), nella Francia del Fronte Popolare, nel delicato snodo storico compreso tra l’aggressione italiana all’Etiopia, la guerra civile spagnola e la deflagrazione della seconda guerra mondiale.
Che cosa c’entra, in tutto questo, Moravia? Finora sapevamo che l’autore de "Gli Indifferenti" non stimasse per nulla i cugini Rosselli, che considerava, da un punto di vista politico, dei velleitari borghesi, destinati a fallire. Ignoravamo tuttavia i suoi rapporti di amicizia con il fiduciario della Polizia Politica Antonini, il quale, soltanto per una coincidenza non venne mandato dai suoi capi a sorvegliare Rosselli anche nella località termale nella quale trovò la morte per mano di efferati killer. La conoscenza tra Moravia e Antonini datava fin dal 1925-26. Giacomo, figlio di un aristocratico veneziano e di un’olandese, si era laureato in letteratura italiana ad Amsterdam e, per la sua natura di poliglotta e la sua fama di critico letterario già affermato, fu arruolato con profitto dalla Polizia Politica nel gennaio del 1935. Naturalmente, a quel tempo, Moravia non poteva sapere che l’amico Giacomo a Parigi spiasse suo cugino Rosselli. Ma, quando, nel dopoguerra, furono pubblicati i cosiddetti "elenchi dell’Ovra", apprese la verità su quanto aveva realmente fatto Antonini. E non mostrò alcun imbarazzo nel mantenere con lui cordiali rapporti di amicizia e di business editoriale. Anzi: in quanto plenipotenziario di Bompiani a Parigi, dal 1945 al 1966, l’antico asso dell’intelligence "Giacomo" fu anche l’agente letterario di Moravia!
Le prove di questo rapporto si ritrovano nelle carte del Fondo Antonini, depositato all’Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux di Firenze: un nutrito numero di lettere di Moravia, che datano a partire dall’anno del delitto Rosselli. Ciò che impressiona maggiormente è scoprire una singolare coincidenza temporale. Il primo scritto moraviano, indirizzato al recapito parigino di colui che vigila Rosselli (il numero 6 di rue Corot) è datato 21 giugno 1937: dodici giorni dopo la consumazione del crimine di Bagnoles-de-l’Orne, e solo nove dopo la diffusione della notizia! Quasi certamente, nel 1937, Moravia non sapeva della implicazione del suo amico Giacomo nelle attività della Polizia Politica. Ma, anche qualora ne fosse al corrente, a quel tempo, gli sarebbe importato qualche cosa? A giudicare dal tono della sua opinione retrospettiva sui cugini, si direbbe assai poco. Anzi, dopo che fu levato il velo che copriva gli oscuri trascorsi del conte veneziano, Moravia parve quasi rallegrarsene. Il 21 giugno 1937, dunque, Moravia, su una cartolina postale, scrive: «Caro Antonini, grazie per la cartolina (…). Le scrivo per sapere se Lei sarà a Parigi in agosto e se no, dove si troverà - perché è probabile, anzi sicuro, che io mi troverò in Francia quest’estate. Ci verrò col manoscritto del mio romanzo e perciò mi farebbe piacere di parlarne con lei - Ad ogni modo, le dispiacerebbe informarsi fin d’ora sulla possibilità o no di darlo alla "NRF" (Nouvelle Revue Française, ndr) o a Grasset?». Moravia vuole assicurarsi la rapida traduzione francese della sua nuova opera, "L’imbroglio", dopo che anche i diritti per le traduzioni estere delle "Ambizioni sbagliate" sono stati acquisti (il libro esce in quello stesso ’37 a Parigi, per Plon, con il titolo "Les ambitions déçues", e l’anno seguente, a Londra, per Cassell). Sebbene Valentino Bompiani, in una lettera del 17 giugno, gli abbia assicurato che contatti con la Helicon sono in corso per la cessione dei diritti di traduzione nel mercato francese, inglese e svedese, Moravia evidentemente non è soddisfatto e cerca di procurarsi occasioni di pubblicazione e di diffusione, anche attraverso la via maestra della "Nouvelle Revue Française".
Questa lettera del giugno ’37 è molto importante perché segna l’esordio dei rapporti professionali ed editoriali tra Moravia e Antonini. Di più non possiamo affermare con certezza, ma è possibile che altra documentazione antecedente non sia mai giunta all’Archivio fiorentino. Quale fiduciario dell’Ovra, "Giacomo" fu operativo fino all’agosto del 1939. Dopodiché, svolse altro genere di lavoro politico-informativo, operando in ruoli di responsabilità alle sedi di Roma, di Parigi e di Berlino della "Stefani", l’agenzia di stampa ufficiale dell’Italia fascista. Ritiratosi dall’attività nel campo editoriale, morì a 82 anni,in Inghilterra, nel 1983.
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