«Noi a Villa Arconati
Festa per mezzo secolo
di musica e amicizia»

Senza ombra di dubbio sono due dei principali compositori del ventesimo secolo: Caetano Veloso e Gilberto Gil festeggiano quest’anno il cinquantesimo anniversario sia di carriera artistica che di amicizia. Di nuovo insieme dopo 21 anni, stanno girando l’Europa con un tour - “Two Friends , a Century of Music” (ossia “Due amici, un secolo di musica) - che sabato farà tappa al festival di Villa Arconati, a Bollate (biglietti da 45 a 120 euro, info su www.festivalarconati.com).

Veloso e Gil si sono incontrati per la prima volta per caso a Salvador (Bahia), e da quel giorno dei primi anni Sessanta sono stati molto amici, nonostante la vita li abbia a volte allontanati. Insieme, hanno scritto solo poche composizioni, ma hanno condiviso gioie, momenti felici, avventure e momenti tristi e la loro amicizia è sempre stata lì, intatta.

È ovvia l’ammirazione che ciascuno di loro ha nei confronti dell’altro ma, nonostante ciò, hanno incontrato non poche difficoltà nel decidere la set list per lo show che intendono portare sul palco per questa celebrazione. Vogliono delle canzoni che significhino qualcosa, sia per la loro amicizia che per il loro rapporto musicale.

Una simpatica doppia intervista per mettere a fuoco il cuore del progetto artistico: risponde prima Veloso e poi Gil.

Motivi per tornare a suonare insieme, dopo oltre vent’anni dall’ultima volta?

V. Non mancano mai. All’inizio non sapevo nemmeno che quest’anno avrei celebrato i 50 anni di carriera ma, pensandoci bene, la mia prima canzone fu “De manhã” del 1965, cantata da mia sorella Maria Bethânia. Gil ed io stiamo scegliendo le canzoni più significative del nostro repertorio, alcune anche poco conosciute (come i primi brani che hanno definito il movimento tropicalista). Alcuni pezzi sono apprezzati più dai brasiliani che dagli europei che ci hanno invitato, ma saranno comunque in scaletta. E sì, Gil ed io stiamo collaborando ad un pezzo inedito.

G. Mi arricchisce sempre molto lavorare con qualcuno come Caetano, un artista a cui devo molto. Avevamo già fatto un tour insieme nel 1993, celebrando il 25esimo anno di Tropicalia, e abbiamo approfittato di questo anniversario per tornare a suonare insieme, dato che alcuni promoter europei ce l’avevano chiesto. Durante questo tour, suoneremo i pezzi più significativi della nostra carriera e abbiamo anche l’idea di creare un brano inedito da presentare appositamente per quest’occasione.

Cosa ricordate del primo incontro?

V. La prima volta che vidi Gil fu in tv, dove già cantava in uno show serale di un’emittente locale. Se appariva in tv mia madre mi chiamava: “Caetano, c’è quel ragazzo nero che ti piace tanto”. Questo nel 1963. Nello stesso anno Roberto Santana, nostro amico comune, ci presentò a Salvador. Diventammo subito amici. Io pensavo già all’epoca che Gil era un genio musicale, capace di fondere le melodie di Jobim e Carlos Lyra, dando vita a brani con lo stesso, impeccabile gusto estetico. Gil però non mi conosceva, ma nonostante ciò gli piacqui, e fu così che iniziammo a suonare insieme. Quasi tutto quello che so l’ho imparato da lui, osservandolo suonare ed imitandolo.

G. Il nostro primo incontro fu in Rua Chile, a Salvador. Caetano era con Roberto Santana, un nostro amico produttore, e lo conobbi grazie a lui. Da quel giorno, scoprimmo di avere molte cose in comune e ci incontrammo ancora, per suonare insieme e parlare di musica.

Di recente siete stati oggetto di polemiche per il concerto in Israele del prossimo 28 luglio...

V. Abbiamo ricevuto anche una lettera di Roger Waters dove ci chiedeva di cancellare il concerto. Il problema è che si tratta di una questione complessa e, se potessi, vorrei certamente cercare di cambiare la situazione del Paese. Francamente, concordo con la maggior parte delle critiche verso la politica israeliana, ma sono molti anni che non vado lì e le pressioni su di noi penso che siano eccessive. Gil ed io non siamo pedine politiche, questo è il nostro lavoro e la nostra vita.

G.Per quanto riguarda il nostro concerto in Israele, ogni volta che ci torno devo dire che si scatena un qualche tipo di protesta, non lo considerano un concerto ma un fatto politico. Per noi è solo una questione di mercato, ci richiedono una data perciò ci accordiamo e andiamo a suonarci. Fare o non fare un concerto in un determinato Paese non significa essere d’accordo con la politica di quel luogo. Pensare che facciamo molti spettacoli negli Stati Uniti e nessuno ci dice nulla! Israele mi piace molto, ha un pubblico caloroso.

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