Cultura e Spettacoli
Mercoledì 14 Gennaio 2009
Olivelli, il "ribelle"
della Resistenza
Un convegno rilancia la figura del partigiano lariano. Morì nel lager: il corso il processo di beatificazione
Si riaccende una luce sui partigiani cattolici. A pigiare l’interruttore è un convegno che sabato si terrà a Tremezzo, sul lago di Como, a partire dalle 9.30 al cinema teatro Olivelli, e porta il titolo di "Resistenza, pluralismo, unità - Teresio Olivelli, ribelle per amore". La data, a distanza di 64 anni, è quella della morte di Olivelli, partigiano cattolico, avvenuta il 17 gennaio 1945 al campo di Hersbruck, ucciso da calci e pugni allo stomaco, risposta militare dell’ennesimo tentativo di Olivelli di soccorrere un compagno di prigionia. Olivelli, nacque a Bellagio il 7 gennaio 1916, Servo di Dio per lui è in corso il processo di beatificazione. La giornata di discussione e ricordo è organizzata dai comitati regionali della Lombardia di Anpi, Fiap, Fvl, Aned e Anpc - insieme all’Istituto di Storia Contemporanea di Como e ai comitati provinciali delle associazioni partigiane di Como, Brescia, Lecco e Pavia, alla Regione Lombardia, Amministrazione provinciale di Como e Comuni di Tremezzo e Bellagio - ed è l’occasione per ricordare che ci furono anche i partigiani cattolici, che usarono l’arma della fede per combattere il Fascismo, benchè spesso senza schierarsi a sinistra. I manuali registrano ottantamila partigiani cattolici, su un totale di duecentomila, al 25 aprile 1945, contabilizzati da Enrico Mattei al primo congresso della Dc nell’aprile 1946, un anno dopo la liberazione.
Parlare dunque di resistenza cattolica, questo l’intento del convegno, attraverso il racconto di un partigiano che fu fascista e che ben presto dal Fascismo prese però le distanze, deluso da un movimento che credeva potesse davvero far progredire l’Italia. Olivelli è un esempio di combattente-eroe, che visse solo 29 anni, ma che in un lasso di tempo così sottile riuscì a lasciare un’impronta profonda nel terreno di un’Italia dilaniata dalla guerra e dalla violenza. Olivelli, che trascorse la sua vita di bambino a Carugo (Co) per trasferirsi poi nel Pavese, restò laico scegliendo di non vestire mai la tonaca, ma di applicare gli insegnamenti cristiani nella vita civile, fu però oltre che combattente anche fine intellettuale; a 23 anni, divenne professore universitario, assistente di Diritto Amministrativo all’università di Torino, vinse i "Littorali della Cultura" e a 27 anni vinse anche il concorso che lo fece rettore al collegio Ghislieri di Pavia.
Una carica che però Olivelli potè ricoprire solo per pochi mesi perché, nel luglio del 1943, venne richiamato alle armi, cominciando un calvario fatto di fughe e internamenti che gli costò poi la vita. Ma l’interesse del partigiano va ricercata anche nella sua attività giornalistica, visto che nel 1944 riuscì a fondare un giornale "Il Ribelle". Con questa pubblicazione Olivelli portò avanti il discorso che aveva iniziato già da adolescente: andare contro i violenti per difendere i più deboli, sempre e comunque, ad ogni costo, anche della vita, senza mai usare la violenza. Fu in questo periodo, quello della pubblicazione de "Il Ribelle" che Olivelli tradusse il suo sentimento antifascista in una preghiera la "Preghiera del Ribelle", divenuta il suo manifesto. Già nel 1941 Olivelli aveva deciso di lottare in prima linea per l’Italia arruolandosi volontario tra i soldati che vennero poi inviati in Russia, dove prestò ogni giorno soccorso ai congelati e ai feriti, riuscendo poi a tornare a casa a piedi nel 1943, lungo una strada lunga duemila chilometri. Convito della necessità di usare l’esempio e la preghiera come uniche armi, Olivelli fu tenuto in grande considerazione negli anni recenti anche da Giovanni Paolo II. Il Papa, infatti, sostenne sempre il processo di beatificazione del partigiano bellagino, per altro ancora in corso dal 1987, e lo paragonò ad un altro martire come padre Massiliano Kolbe.
Ma della figura di questo eroe, un altro aspetto è interessante e verrà analizzato nel convegno tremezzino, ed è la battaglia che Olivelli portò avanti non solo contro il fascismo che lo aveva deluso, ma contro coloro che osteggiavano la fede. Un esempio del suo impegno in tal senso fu la sua netta presa di posizione contro le persecuzioni dei cattolici durante la Guerra Civile spagnola del 1936. La bibliografia che riguarda Olivelli è poderosa, benché il suo nome non si tra quelli che ricorrono più di frequente nella divulgazione storica. Un omaggio nell’anniversario del suo sacrificio è sì un riconoscimento postumo al suo valore, ma, indirettamente, è un voler fare memoria dell’"altra" faccia partigiana, quella cattolica appunto, che fu fatta da personaggi come Giuseppe Dossetti, Tina Anselmi, Giancarlo Puecher e molti altri capofila di una grande schiera di cattolici che attraverso la fede combatterono il totalitarismo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA