Parolario, gli incontri del 1 settembre
Lea Vergine, l'arte come missione

La nota curatrice delle più importanti mostre contemporanee, allestite dagli anni Settanta in poi, racconta il suo incontro con i grandi maestri, a partire da Fontana

Parole sull’arte (1965-2007) di Lea Vergine riassume più di quarant’anni di osservazioni sulla scena dell’arte.
Il volume è curato da Aurelio Pino (ed. Il Saggiatore) è una sorta di rapsodia di una protagonista dell’arte contemporanea che ha esordito a Napoli negli anni Sessanta con una personale di Lucio Fontana che fece scalpore e ha legato il suo nome a fortunate mostre come L’altra metà dell’Avanguardia (1980) e Arte cinetica e programmata (1983) a Palazzo Reale a Milano, Quando i rifiuti diventano arte ai Musei di Trento e Rovereto(1997-1998) e D’Ombra (2006) al Palazzo delle Papesse a Siena.
Tra le sue pubblicazioni spicca Il corpo come linguaggio(1974) che fa della studiosa la massima autorità in materia di Body Art. Lea Vergine il 1 settembre dialogherà con il critico Roberto Borghi a Como, in piazza Cavour (18.30), nell’ambito della rassegna ParoLario.
Lea, perché ha scelto Como per l’anteprima «Parole sull’arte»?
Ho accettato la richiesta di ParoLario perché sono sedotta da Como, dalle sue chiese e dal lago con tutto il fascino letterario che porta con se. Quando vengo in città non finisco mai di vedere qualcosa di interessante.
Perché ama questa città?
A Como si lavora bene con l’arte contemporanea. La Fondazione Antonio Ratti è una realtà sacrosanta che ha portato il nome della città nel mondo. Poi ci sono Roberto Borghi, giovane critico che meriterebbe di essere valorizzato per la sua  cultura, e Enrico Perroni, disegnatore di straordinari tessuti per sarti francesi oltre che divertente pittore naïf.
Che ne pensa di Parole sull’arte?
È il primo dei libri da me firmati in cui non ho messo mano. Infatti ho consegnato tutti i miei scritti ad Aurelio Pino che ha curato il volume in ogni dettaglio. Quindi mi sono trovata di fronte a questo libro come a un inedito al quale non avevo pensato. Ad esempio non ricordavo di aver scritto così tanto di Napoli.  
Ha nostalgia degli anni Sessanta che segnarono il suo esordio di critico a Napoli con la mostra di Lucio Fontana? 
Non ho nostalgia di quegli anni tremendi. La città era un deserto. La gente dell’arte si odiava. Quando ho presentato la mostra su Fontana ci furono attacchi sui giornali contro questa ragazzotta che si permetteva di scrivere cose inaudite e di parlare della bellezza del taglio.
Parlando degli artisti napoletani e dell’identità partenopea spesso rievoca il senso della “sciamachia”… 
È una bella parola che significa il combattimento contro la propria ombra.   
La sua è la storia di una ragazza di buona famiglia che da sola cerca la sua strada con testardaggine e senza maestri… 
Avrei fatto meglio a fare il medico ovvero un lavoro molto più utile a bisogni dell’umano, ma a vent’anni si vuole affermare se stessi per essere riconosciuti. 
Quali artisti noti anche ai comaschi troviamo nel suo libro e chi ricorda tra i talenti rivoluzionari dell’arte contemporanea in Italia?
Annie Ratti che ho presentato a Londra e Giannetto Bravi, “artista borghese” che lavora sul tema della memoria.  Tra i rivoluzionari ci sono Lucio Fontana, Enrico Castellani e Jannis Kounellis.
Quale situazione vivono i giovani artisti?
Oggi i giovani artisti in Italia non hanno alcun sostegno e le gallerie private sono tornate ad essere l’unica forma di esternazione.
Da cosa si riconosce un critico di rango?
Dal curriculum scientifico. Ormai da tutte le parti chiamano solo giovani manager. Va benissimo che siano giovani, va un po’ meno bene che siano manager. La più bella mostra vista di recente è stata quella di Fischli e Weiss a Milano curata da Massimiliano Gioni che mi pare abbia qualche guizzo in più rispetto ai suoi colleghi.  
Stefania Briccola

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Uno scrittore comasco sarà protagonista il 1 settembre a ParoLario. Alle 21.30, al Broletto, il pubblico potrà seguire la presentazione del libro Sopra e sotto le onde del lago pubblicato dalle edizioni  New Press di Como.
L’autore è Roberto Pozzi attivo nella scuola come insegnante per quarant’anni e oggi direttore di un centro di formazione professionale. Tra le sue diverse attività tra cultura e sociale Pozzi è anche  appassionato  di storia locale. Ha pubblicato con il patrocino del Comune e in collaborazione con Michele Casanova la traduzione e il commento degli Statuti medioevali di Dervio del 1300. Inoltre ha lavorato per raccogliere le testimonianze degli anziani del paese di Dervio per tracciare la storia del paese nel Novecento. Proprio a Dervio è ambientata la storia del libro che si presenta a ParoLario.
Il romanzo parte dalla drammatica cronaca di un incendio di centoventicinque  anni fa. Un evento tragico visto che le fiamme divamparono in un fienile di Dervio nel quale si teneva uno spettacolo di marionette. Era la notte del  24 maggio 1883. Nel caos ci furono circa cinquanta morti, tra cui molti bambini. Partendo da questo evento drammatico, l’autore cerca, nel suo scritto, di capire le ragioni dell’evento ed eventuali responsabili. D’altra parte però, Pozzi affronta una riflessione di più ampio respiro, cercando di comprenderne il perché, e il significato del dolore.
Ne emerge un affresco della situazione esistenziale delle popolazioni lariane del passato. Gran parte del ricavato delle vendite del libro, andrà a beneficio dell’associazione Stringhe colorate, che prepara medici e infermieri clown per i bambini negli ospedali.
Sara Cerrato

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Due autori della Lariologo stasera, alle 18, al Broletto, nell’incontro "Guerra e pace sul Lario": Gigliola Foglia presenterà il suo "Il falco della rupe" con Valerio Peverelli, Giovanni Galli proporrà il suo "Bella ciao" introdotto dallo storico Giorgio Cavalleri.
Quando uno dei primi vaporetti sul Lago di Como, il "Falco della Rupe", passava nei pressi di Nesso, pare dal castello lo salutasse una salva di cannone, cui il battello rispondeva con il fischio del vapore. Estremamente popolare nell’800 il racconto storico, imperniato sulla figura di un leggendario pirata originario di Nesso, Falco, che avrebbe militato sotto le bandiere del condottiero Gian Giacomo Medici, il famigerato “Medeghino” signore di Musso.
Il "Falco della Rupe, o la Guerra di Musso" è un’appassionante storia che, scritta nel 1829 da Giambattista Bozzone (1803-1850), viene riproposta con maggiore scorrevolezza da Gigliola Foglia nel volume della Lariologo. In "Bella Ciao" Giovanni Galli avanza una variazione alla storia: ipotizza che il 28 aprile 1945, a Giulino di Mezzegra, Benito Mussolini non fu giustiziato da Walter Audisio, ma da un altro partigiano, Michele Moretti. Un "giallo" che nasconde un’altra verità?
Marilena Giaimis

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