Quando il corpo si trasforma
I Mummenschanz al Sociale

Stasera i quattro protagonisti in uno show per un pubblico moderno. Il gruppo ha subìto varie evoluzioni sulla scia di Marcel Marceau

In questa stagione celebrativa bicentenaria, denominata “Ricorrenze”, stasera, alle 20.30, la compagine dei Mummenschanz si presenterà sul palcoscenico del Teatro Sociale di Como per festeggiare il quarantesimo anno di attività. In perfetto silenzio si avvicenderanno in scena quattro protagonisti: Floriana Frassetto (una dei fondatori) Philippe Egli, Raffaella Mattioli e Pietro Montandon in un’ambiente scenografico e visivo assolutamente contemporaneo con grande tensione di movimento e un raffinato gusto nella scelta dei fantasiosi materiali di scena.

Non c’è intento narrativo, in senso tradizionale: è uno spettacolo astratto, viscerale, corporeo, diretto a un pubblico moderno che ama nuove forme di teatro. In tal modo, l’ensemble riesce a dare forma ai sogni, giocando con colori, luci e forme inusuali.

“Mummenschanz” significa “trasformazione in maschera”: una formula da realizzare rigorosamente in quattro. Ai fondatori si sono aggiunte nuove leve, che possono aver dato qualche apporto personale, mantenendo, tuttavia, i presupposti fondamentali. Il primo periodo è stato caratterizzato da maschere che si potevano cambiare ed estendere, fatte di pasta grigia e plastilina che permettono al mimo di trasformare il proprio volto all’istante mettendo dentro le mani sì da cambiare fattezze ed espressione.

Nel secondo periodo sono passati a costruire personaggi con fogli di plastica, inventando costumi gonfiabili in modo da rendere più evanescente il corpo. Nello stesso periodo hanno inventato anche la maschera tridimensionale con estensioni sopra il capo, teste-oggetto accanto a forme gonfiabili. Dopo la morte di Andres Brossard (uno dei quattro fondatori), è iniziato un terzo periodo nel quale Floriana Frassetto ha creato maschere che si componevano e scomponevano cambiando forme e dimensioni.

Il Mummenschanz Msk Theater ha sempre concepito il palcoscenico come una piazza per comunicare i loro pensieri divertendosi, invitando il pubblico ad essere coinvolto e partecipe di ciò che avviene sul palcoscenico. Il gruppo ha sacrificato la parola affidandosi al gesto che è linguaggio universale, e noi italiani ne siamo maestri... La loro rivoluzione l’hanno fatta cecando di rinnovare il mimo, puntando sulle emozioni, creando spettacoli raffinati e affascinanti, quasi magici. Oggi, naturalmente, c’è anche l’aiuto della tecnologia e del parco luci, delle quali Dino de Maio è maestro. I presupposti nascono dalla grande ammirazione per scuole di mimo italiana (romana) di Roy Bosier e di quella francese di Jacques Lecoq per non menzionare il famosissimo francese Marcel Marceau.

Maria Terraneo Fonticoli

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