"Ti ricordi la Ticosa?"
Un libro rievoca l'ex fabbrica

Demolita a inizio 2007, la storica tintostamperia è tornata protagonista in un libro del fotoreporter Enzo Santambrogio, in un suggestivo bianco e nero

Il ricordo è un ingrediente della storia umana. I luoghi e la materia servono a risvegliarlo, ma non potrebbero accenderne la scintilla senza utilizzare l’urto di sentimenti e percezioni, senza le vibrazioni di un pensiero capace di creare segni, di cristallizzare immagini. Enzo Santambrogio non si sottrae al compito di servire la memoria: da scultore abituato a lasciare un segno incisivo nella materia e ancor più da fotografo, ha affrontato un tentativo ambizioso con un album intitolato "… Remember", prodotto in mille esemplari, più cento in tiratura numerata.
Nei suoi scatti consegna ai nostri occhi le schegge di un colossale monumento, la fabbrica Ti.Co.S.A., (Tintoria Comense Società Anonima), emblema di Como e delle sue trasformazioni. L’emblema soprattutto di una passione legata al lavoro, al mondo operaio, a glorie e miserie ormai archiviate da tempo, e i cui ultimi e imponenti residui scomparvero dalla scena soltanto lo scorso gennaio 2007 aggrediti dalle ruspe pronte a cancellare per sempre la gigantesca e fatiscente struttura inattiva dal 1982, che per 25 anni rappresentò solo un documento di inefficienza e degrado.
«Eh, sì… Anche questa è andata…» : Santambrogio parte proprio da quell’evento, dal primo colpo della spettacolare demolizione avvolta da contrastanti sentimenti, da artificiose euforie e sincere malinconie disegnate nell’espressione della gente, una gran folla incuriosita. «Tutti spingono, attratti come falene dal bagliore dei fuochi (l’evento è stato accompagnato da uno spettacolo pirotecnico ndr), per vedere meglio e imprimersi nella mente qualcosa che un giorno meriti di essere raccontato Ci sono anch’io e scatto», nota l’autore in una delle prime pagine del libro che per il resto utilizza unicamente il linguaggio delle immagini. «In quel marasma di "flashes", ad ogni morso della potente pinza idraulica mi tornano in mente le giornate passate al suo interno cercando nuovi angoli da inquadrare…». Mosso dal presentimento della distruzione, il fotoreporter che vive a Como e ama viaggiare per il mondo, da anni subiva il fascino delle rovine abbandonate, si inseriva quindi a tutte le ore in quella struttura dimessa puntando il suo obiettivo per strappare alla dimenticanza un mondo abitato da fantasmi, trasformato in tana per disperati, clandestini e tossicomani.
La sua documentazione è oggi da sfogliare, preceduta da una foto d’archivio (Sergio Masciadri) che funge da efficace nota introduttiva: è il ritratto di una folla, centinaia di lavoratori della storica tinto-stamperia, che un sabato mattina del 1924 si son messi in posa, consapevoli o meno, di consegnare un ricordo ai posteri. «Le fotografie sono i nostri ricordi tangibili, che ci permettono di conservare integra la memoria visiva delle cose e delle persone» suggerisce Santambrogio sottolineando il pregio di una tipica "foto-ricordo" della Ticosa con gli operai dall’aria fiera che, anche se muti, raccontano una storia che non c’è più. E lasciano immaginare un microcosmo nel quale il lavoro era tutt’uno con la vita, con le sue fatiche e amarezze, ma anche con l’orgoglio per i successi dell’azienda, la solidarietà, le lotte e le conquiste. Un ricordo che resiste al tempo con straordinaria efficacia nelle immagini successive che raccontano la fabbrica dismessa, le rovine e la patina di poesia regalata da un deterioramento mai del tutto distante dal travaglio umano: senza didascalie, le fotografie in bianco e nero scorrono suddivise in sezioni indicate da quattro elementi - Terra, Acqua, Aria, Fuoco - che segnalano di volta in volta un diverso filo conduttore consentendo di raccogliere, oltre l’impatto figurativo, anche gli umori, le atmosfere, gli odori di contesti che trasudano suggestioni. Pochi versi in vernacolo comasco di Riccardo Borzatta, si inseriscono come note musicali dall’effetto fortemente evocativo. E confermano che il ricordo è sempre tenacemente stretto ad una volontà, va affidato come un compito delicato, come una consegna discreta: «Ma racumandi…». Ti raccomando, oggi suona meglio «…Remember».

Laura d'Incalci

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