Risparmiatori comaschi
nella trappola della Borsa

Anche storie di gente comune della nostra provincia nel libro dei giornalisti Abbate e Mangiaterra


di Vittorio Colombo

Storia di un terremoto che comincia nei grattacieli di Manhattan e finisce nel tinello della casalinga di Bulgarograsso. Altro che "roba per ricchi", altro che la crisi del capitalismo globale che fa dire a qualche nostalgico tafazzi «bene così, hai visto che Marx aveva ragione?». Qui a saltare sono i nostri risparmi, le nostre pensioni. Volano alle stelle le rate del mutuo variabile per la casa. E alla fine la crisi di Wall Street la paga il solito Pantalone. Storie di una trappola. Anzi "La trappola", come il libro dei giornalisti Carmelo Abbate e Sandro Mangiaterra in libreria per Piemme. Il racconto di come banche e finanza hanno messo le mani sui nostri soldi. Un gigantesco castello di carte dove per vent’anni tanti hanno creduto di diventare ricchi non più producendo tondini d’acciaio o seta di pregio, ma facendosi trascinare dall’affascinante mondo del denaro senza lavoro. Intanto scattava la trappola, con la vecchietta che andava in banca con tutti i suoi risparmi e ne usciva con tante belle obbligazioni Parmalat o Lehman Brothers. Con il professionista che affidava la sua pensione ai fondi. Con le vite di noi tutti intrappolate in un «valzer di scandali, risparmi andati in fumo e inganni». Ma Abbate e Mangiaterra non si sono messi a indagare su chissà quali retroscena della finanza internazionale. Il loro è invece un lavoro dalla parte dei consumatori, un’inchiesta su e giù per l’Italia per raccontare decine di storie vere. Hanno spulciato le segnalazioni di malafinanza che arrivano dalle associazioni dei consumatori, assistito alle udienze che vedono protagonisti risparmiatori traditi, ascoltato i comitati di cittadini in lotta per riavere i propri soldi bruciati negli scandali internazionali. E si sono messi anche dall’altra parte dello sportello, raccogliendo confidenze di direttori di filiale, promotori finanziari e agenti di assicurazione. E il risultato è insieme un atto di accusa e un grido di dolore. Storie di casa nostra. C’è Giulia di Casnate, in provincia di Como, responsabile acquisti di una casa di moda. A furia di fusioni la filiale dove ha il conto da una vita viene ceduta a un’altra banca. Lei sceglie di rimanere con il vecchio istituto, in un’agenzia differente anche se più lontana. Almeno così, pensa, non avrà complicazioni. Invece cominciano i guai. Per venti giorni Giulia è costretta a fare avanti e indietro tra casa e la nuova agenzia. Poi la solita domanda: che fine hanno fatto i miei soldi? Che fine ha fatto il mio finanziamento? Perché non vedo nulla sul computer? E la solita risposta dell’impiegato: «Signora. È un problema tecnico che riguarda migliaia di clienti. Stiamo modificando il sistema. Provi a tornare domani, ma stia tranquilla che i suoi risparmi non sono svaniti». Certo, alla fine i soldi di Giulia si trovano. Ma intanto si blocca il pagamento automatico del mutuo e due rate non risultano pagate, gli interessi non arrivano, le spese aumentano. Esasperata, alza la voce e la banca risolve tutto. Ma sai quanti disagi per lei e per migliaia di altri come noi, "signori nessuno", che magari non si sono visti accreditare lo stipendio perché la propria filiale aveva cambiato padrone…
C’è di peggio? Certo che sì. C’è chi si è visto chiudere il credito dalle banche per una banale questione di rate di leasing saltate ed è finito nelle mani degli strozzini. Come Michele di Varese, titolare di un’azienda che commercia mobili. «Avevo urgenza di pagare i fornitori ma con le banche mi era ormai impossibile trattare. Una sera ho raccontato la mia situazione al bar a un conoscente, un artigiano del mio paese. Giuro, non sapevo fosse un usuraio». Dopo due giorni il tizio gli propone un prestito di 15 mila euro da restituire entro due mesi, ma la storia va avanti per un anno e il debito arriva a 130 mila euro. Disperato, alla fine Michele denuncia il cravattaio che verrà pure condannato. Ma lui dalle banche continuerà a non ottenere un euro. E non può neppure emettere assegni…
Ci sono le vittime di un’economia di carta dove anche Orlando, ferroviere a Venezia, viene convinto a investire tutti i risparmi della sua famiglia di operai in bond argentini. I rendimenti sono altissimi, oltre il 10%, gli italiani fanno la fila per acquistarli, illusi di trovarsi davanti a una versione sudamericana dei nostri amati titoli di Stato. Insomma, è un paese emergente, e poi l’Argentina non può fallire. Scatta la sindrome del guadagno facile, e poi il risparmiatore segue i consigli della banca. «Mi hanno chiamato dalla filiale dicendo che erano sicuri, me li hanno spacciati come normali Bot e Cct», racconta nel libro Orlando, che è perfino andato a Buenos Aires per protestare davanti alla Casa Rosada. Tutto inutile, i risparmi di una vita bruciati. Ora che si fa? Causa alla banca, "class action" contro l’Argentina o cos’altro ancora? Non si sa se Orlando rivedrà mai i suoi soldi, ma certo ci vorranno anni. Le storie come questa sono un’infinità nel libro di Abbate e Mangiaterra. Giornalisti attenti ai diritti dei consumatori e della finanza etica. Che una volta raccontato come i signori del denaro mettono le mani sui nostri soldi provano anche a dare qualche consiglio per non farci fregare un’altra volta. Magari imparando le parole giuste.

«La trappola», di Carmelo Abbate e Sandro Mangiaterra, edizioni Piemme, 265 pagine, 17,50 euro. Carmelo Abbate è caposervizio nella sezione attualità di Panorama, specializzato sui temi della difesa delle famiglie e dei diritti dei consumatori. Sandro Mangiaterra è stato inviato speciale di Panorama e capo della redazione de «Il Venerdì di Repubblica». Editorialista e freelance, da più di vent’anni si occupa di economia sociale e diritti dei consumatori.

© RIPRODUZIONE RISERVATA