Cultura e Spettacoli
Sabato 11 Novembre 2017
Roberto Saviano
Libri e paranza
del Giovane Holding
Anche “Bacio feroce” dimostra che scopiazzature e luoghi comuni fanno di lui uno scrittore modesto. E i veri camorristi? Nessun dubbio: sono i suoi lettori
I veri camorristi? Sono i lettori di Saviano. Perché i camorristi non sono quelli che Saviano accusa ma i dieci milioni di lettori che hanno lo hanno letto, si sono scandalizzati, hanno solidarizzato per poi non dire niente. Tutti zitti, a cuccia, a casa. Hanno riposto “Gomorra” ben in evidenza nelle loro librerie ma non sono scesi in piazza, che era la risposta minima di un Paese civile. Sono stati zitti. Hanno applicato l’omertà che è il principio base dei camorristi: il silenzio. Per questo i veri camorristi sono i lettori di Saviano.
“Lo squalo”
Saviano da parte sua continua a fare il proprio lavoro: non a caso sono anni che lo definisco “Il Giovane Holding”. Tra libri, comparsate, presentazioni, articoli, rubriche, recite teatrali, film, sceneggiature, serie tv Saviano è diventato una “holding”, non a caso è rappresentato dall’agente letterario Andrew Wyle, che negli Stati Uniti è soprannominato “lo squalo”.
Evidentemente ispirato dallo squalo Saviano torna in libreria con un “Bacio feroce”, è il caso di dirlo, il seguito del primo romanzo della serie “La paranza dei bambini” (sempre edito da Feltrinelli). Più che dei bambini è una “paranza di lettori”: come i pescatori che usano reti a strascico per prendere più pesce possibile (compresi rottami e ogni genere di rifiuto gettato in mare) Saviano getta l’amo di romanzi che trovano sempre “un gruppo di fuoco” (traduzione in gergo camorristico della paranza) pronto ad abboccare. Perché Saviano più che uno scrittore è un ottimo comunicatore.
In molti sostengono che i suoi monologhi in televisione siano da “Solone”. Non è vero. Il Saviano televisivo è molto più incisivo, e educativo, del Saviano narratore. Dopo il plagio di “Gomorra” (Saviano è stato condannato dalla Corte d’Appello di Napoli per aver copiato senza citarli interi articoli da “Cronache di Napoli” e dal “Corriere di Caserta”) altre accuse dal “Daily Beast”, tra i siti più letti e prestigiosi al mondo: il giornalista Michael Moynihan ha dimostrato che nel suo secondo libro “Zero Zero Zero”, dedicato al traffico sudamericano di stupefacenti, le “fonti privilegiate” citate da Saviano sono state tratte da Wikipedia (ne ha scritto anche “La Stampa”). Poi «la storia tragica di Christian Poveda, un regista franco-spagnolo ucciso in Salvador, ripresa in blocco ma senza citazione da un reportage del 2009 del “Los Angeles Times”. Decine di righe in cui al massimo cambia l’ordine delle parole o c’è qualche guizzo di colore a cercare di fare la differenza». E poi, sempre per il “Daily Beast”, “Zero Zero Zero” finisce «con il racconto dell’omicidio del giornalista messicano Bladimir Antuna García per mano di una gang legata al narcotrafficante El Chapo. Un racconto cannibalizzato da un rapporto del 2009 del “Committee to Protect Journalists” (il giornale americano lo allega in pdf come prova)». Citazioni della fonte? Zero. Anzi: Zero Zero Zero.
Tornando ai suoi romanzi da “paranza” sono un “bacio feroce” all’intelligenza dei lettori già imbesuiti dalla serie televisiva di “Gomorra”, la terza stagione parte su Sky venerdì 17 (alla faccia della smorfia napoletana che nel 17 vede “a sfortuna”, “a disgrazia”: non un grande inizio… per una serie girata a Napoli). Comunque un ottimo prodotto televisivo, tanto da essere tra le poche serie italiane a essere vendute anche all’estero, ma tutto fuorché educativo.
Il pubblico con un minimo di cervello già è affascinato da Genny Savastano e Ciruzzo, immaginiamo i ragazzini assoldati giovanissimi dalle associazioni criminali: come minimo li vedono come idoli. E non ci sono molte discussioni da fare: basta vedere un episodio per capire che una tragedia, come la camorra, diventa un “action movie”.
Sottotitoli mancanti
Un tempo avevamo Steve McQueen e Clint Eastwood (comunque giustizieri del bene) oggi abbiamo Ciruzzo ‘o camorrista. Tutto recitato in napoletano stretto, tanto che mandato in onda su Rai3, ha necessitato dei sottotitoli. Sottotitoli che mancano, invece, in “Un bacio feroce” che quindi risulta incomprensibile. Tranne nel prezzo che è in euro e sarebbe stato più coerente se Saviano avesse fatto scrivere “u’ priezzo” o “e renari”. Ma quando si parla di soldi per il “Giovane Holding” il dialetto finisce in paranza.
Il romanzo è una sequenza di luoghi comuni, mentre la morale, dopo quattrocento pagine in cui conosciamo i giovani protagonisti (Dentino, ’o Maraja, Biscottino, Stavodicendo, Pesce Moscio, Tucano e Briato’) è che «esistono i fottitori e i fottuti, null’altro». Un pochino troppo poco per 19,50 euro.
Molto meglio “In nome dello zio” di Stefano Piedimonte che nel suo irresistibile romanzo, edito da Guanda, prendendo in giro la camorra la annienta. Perché la camorra è accusata da sempre, ma il peggior sgarro è ridicolizzarla: Piedimonte ci è riuscito in un romanzo capolavoro. Tornando a “Gomorra” (edito da Mondadori) da dove tutto è iniziato: è un libro che andrebbe bene per un marziano, per qualcuno che viene da un altro pianeta e che di camorra non ha mai sentito parlare. Qual è la novità, anche “soltanto” letteraria, di “Gomorra”? Nessuna. E’ una pellicola d’inchiostro che gira a vuoto. Niente di nuovo anche dal fronte dei contenuti. Niente di nuovo in Saviano: se non la spettacolarizzazione-speculazione su un fenomeno come quello camorrista che da anni libri, saggi, inchieste televisive continuano a raccontarci.
Come ”Piedone lo sbirro”
Che il riciclo dei rifiuti urbani sia il nuovo business della malavita ce l’ha già fatto vedere mille volte “Report”; che la cocaina non sia più una droga d’elite ma uno sballo di massa lo leggiamo ogni giorno sui quotidiani; dei camorristi dai soprannomi ironicamente feroci come Sandokan, Gennarino McKay, Cicciotto di Mezzanotte, Ciruzzo O’ Milionario la cronaca ci ha già detto tutto: abitudini, manie, tic, ville bunker. E allora? E allora più che un romanzo d’inchiesta “Gomorra” è una sceneggiatura. Anzi: un remake. Eh sì, perché negli anni ’70 Carlo Vanzina aveva girato un film, “Piedone lo sbirro”, interpretato da Bud Spencer. Ecco, Gomorra è la sceneggiatura di carta, 30 anni dopo, di “Piedone lo sbirro”. Le stesse atmosfere, gli stessi luoghi (l’angiporto di Napoli), gli stessi traffici (i container cinesi che fanno sbarcare a Napoli di tutto), persino le stesse descrizioni dei ristoranti dell’angiporto “dove si mangiano vongole con la sabbia”.
Un suggerimento, quindi, per la carriera di Saviano. Piedone ha continuato le sue avventure con “Piedone d’Egitto”, “Piedone a Hong Kong” e “Piedone l’Africano”. Saviano Siddharta potrebbe seguire le grandi orme di Piedone e regalarci nuovi stupefacenti set di carta dimenticando le paranze. Con titoli come “Gomorra 2: la vendetta”, “Gomorra 3: il ritorno”, “Gomorra 4, la fine”, “Gomorra è ancora viva”, per finire con un bel Meridiano Mondadori magari titolato “La Gomorrea”. Che affligge tanti ignari lettori convinti di trovare Saviano e non il “bacio feroce” di una holding da “squalo”.
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