Sessant'anni di storia
con "vista" dal Lario

A Como una mostra di manifesti sulla Costituzione. Il professor Ainis dell'Università di Roma Tre analizza per "La Provincia" l'attualità della Carta su cui poggia lo stato italiano

di Barbara Faverio

Venti grandi pannelli che raccontano la nascita della Costituzione, in un continuo rimando fra storia locale e storia nazionale: pagine di giornali, manifesti di propaganda del Referendum Istituzionale e dei diversi partiti, foto, persino la dichiarazione autografa del re Vittorio Emanuele - poco più di un appunto, per la verità - che abdica in favore del figlio Umberto. Si apre il 24 ottobre alle 20.30 nell’aula magna del Politecnico, in via Castelnuovo 7, la mostra organizzata da Archivio di Stato, Camera di Commercio e Prefettura per il 60° Anniversario della Costituzione. Dopo l’inaugurazione la mostra verrà trasferita dal 1° novembre fino a Natale nel cortile di Palazzo Cernezzi, dove sarà visitabile dalle 9 alle 18. Obiettivo della mostra è raccontare i giorni che portarono alla nascita della nostra Costituzione con un collage di immagini e documenti. Ci sono, fra gli altri, il proclama del sindaco di Como, Terragni, che l’11 giugno 1946, che annuncia la proclamazione della Repubblica, le foto dei comaschi eletti alle prime elezioni politiche e i profili, le immagini della firma della Costituzione (27 dicembre 1947) da parte del Presidente della Repubblica, Enrico De Nicola, i bozzetti che presero parte nel ’46 e ’47 ai concorsi per la scelta dell’emblema dello Stato, i manifesti di propaganda del prestito nazionale per la ricostruzione, le schede elettorali del referendum istituzionale.

-------



di Carla Colmegna

La firma in calce al documento è di Enrico De Nicola, del 27 dicembre 1947, ma esso entrò in vigore nel 1948. Siamo quindi agli sgoccioli della commemorazione dei sessant’anni della Costituzione. In Italia si sono sommate le iniziative e oggi anche Como darà il suo tributo con una mostra dal titolo "La nascita della Costituzione".
Si è parlato per un anno intero dei 139 articoli sui quali poggia la nostra repubblica con interventi anche dei padri costituenti ancora in vita, tra cui Vittorio Foa, morto proprio questa settimana. Tra i superstiti ci sono Giulio Andreotti, Emilio Colombo, l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, tutti si sono prodigati per spiegare l’attualità della «Carta». Ed è proprio anche di questo, dell’apparentemente inspiegabile modernità del documento che si è occupato nei suoi studi Michele Ainis, docente di Istituzioni di diritto pubblico all’università di Roma Tre.

Professore, la Costituzione sembra scritta appena ieri. La lungimiranza dei padri costituenti da dove nasce?

È ben espressa da una battuta di uno di loro, Piero Calamandrei che citava Dante: «Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte» "Purgatorio", canto XXII ndr). Vale a dire che i costituenti hanno potuto vedere così avanti perché lavoravano sotto quel velo d’ignoranza, di cui parla il filosofo Rawls, che consente architetture normative felici. Nessun partito quando stipula le regole del gioco sa chi vincerà e chi ne approfitterà. La lungimiranza è inoltre legata a una situazione storica eccezionale, si doveva ricostruire l’Italia dalle macerie. E c’erano tutti i presupposti per trovare punti d’intesa; benchè i costituenti avessero culture politiche diverse uscivano tutti da un’esperienza, la guerra, che li aveva affratellati.

Ma un sentire comune può bastare? Oggi esiste ancora?

Oltre al sentire comune, esistevano intelligenze, penso a Luigi Einaudi, che ora difficilmente la politica valorizza. Oggi non c’è la politica di allora, c’è piuttosto l’inclinazione agli affari. La politica valorizzava le competenze. Oggi non vale la competenza, ma l’appartenenza. Se sei un servitore sciocco, ma sei del mio partito, ti promuovo.

La Costituzione è quasi un "romanzo", c’è dentro la vita passata, presente e futura della repubblica, ma non le sembra che spesso l’impegno chiesto dai costituenti, di rispettarla, venga disatteso?

Io non credo che la Costituzione oggi venga rispettata. In un mio libro ho contato quindici casi in cui non lo è. Ad esempio, nell’art. 39, c’è scritto che solo i sindacati registrati stipulano contratti che hanno efficaci per tutti. Ma in Italia non sono mai esistiti sindacati registrati. Ugualmente i contratti vengono applicati a tutti.

Di Costituzione si parla ogni giorno. I fatti recenti hanno spinto a farlo in termini di laicità, di scuola e di risparmio. La Costituzione dà ancora risposte attuali?

L’art. 7 dice che «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale». Sulla laicità a gennaio uscirà da Garzanti un mio libro nel quale dico che noi abbiamo una Costituzione laica, ma per una sorta di falso giuridico si registrano dei privilegi per la Chiesa. Questo vale per due questioni: la prima è il privilegio dei i quattrini dati dallo Stato alla Chiesa. Curzio Maltese ne "La questua" parla di 4 miliardi l’anno. E l’elargizione viene giustificata dicendo che c’è il Concordato che privilegia la Chiesa. Ma è una balla perché il concordato dell’art. 7 è scaduto, era quello del ’29, ora abbiamo quello dell’84 che non indica più la tutela. Inoltre, i vertici della Chiesa intervengono su tutto, dall’eutanasia al preservativo. Questo si giustifica dicendo che la Costituzione tutela la libertà di pensiero. Altra balla, perché la Santa Sede è uno stato sovrano. Se interviene nell’agenda degli italiani interviene in quella di uno Stato, quindi è una questione di diritto internazionale. Del risparmio parla l’art. 47, «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme», ma qui rientriamo nelle norme che non stabiliscono regole, ma principi. In sostanza non possono garantirmi che il mio libretto di risparmio continui a garantirmi il 5%.

Altro tema bollente che chiama in causa l’art. 9 della Costituzione è la scuola...

Parliamo della riforma? Dei tagli in atto? I dati Ocse dicono che l’Italia spende 8mila dollari per studente universitario, gli altri Paesi dell’Ocse 11mila. Questa riforma chiude ulteriormente i rubinetti, è un tradimento di una missione. Intendiamoci, l’università ha le sue colpe, ma non si può continuare a tagliare. La nostra elementare è tra le prime 5 nel mondo e spendiamo 6835 dollari l’anno per bimbo, più della media Ocse. Per le medie e le superiori spendiamo meno della media. Spendiamo il 4,7% del Pil per la media contro il 5,8% dei Paesi sviluppati. All’università ogni 5 prof che vanno via ne possiamo prendere solo uno nuovo. Più di così? Come facciamo a rispettare l’art. 9 della Costituzione che recita «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»?

© RIPRODUZIONE RISERVATA