Swing Crash Festival

Un successo in città

Un felice tuffo collettivo nella cultura degli anni Trenta

La kermesse ha fatto ballare tutta la città

Como

Per raccontare l’essenza dello “Swing Crash Festival” si possono utilizzare le parole di uno standard degli anni Ruggenti: “Un altro giugno, un’altra luna di miele assolata, un’altra stagione, un’altra ragione, per fare… whoopie!”.

Quando hanno inziato, otto anni fa, Isabella Gregorio e Vincenzo Fesi non potevano immaginare di avere dato vita a una manifestazione che, contando solo sulla determinazione dei suoi due organizzatori, anno dopo anno è diventata uno dei simboli di Como, uno dei motivi per cui la città sul lago è conosciuta a livello internazionale da un pubblico particolarissimo e appassionato.

Sono i ballerini, di qualsiasi livello, e amanti della cultura swing, a qualsiasi grado di follia, che sembrano non aspettare altro per dodici mesi. All’improvviso, in centro storico, iniziano a comparire coppie che sembrano sbucate da una pellicola degli anni Trenta: lui con i capelli lunghi sopra, rasati sulla nuca, rifiniti a rasoio, vistose bretelle sulla camicia bianca, pantaloni sbuffanti, scarpe lucide con le ghette. Lei acconciata come una diva del “silver screen” e agghindata come una “bobby soxer” in fila per ottenere un autografo da Al Johnson.

Poi ci sono i musicisti che, sottilmente, senza dichiararlo, si ispirano a grandi del passato anche nell’apparire: prendete Emanuele Urso, un po’ Buscaglione, un po’ Clark Cable (che era il modello di Fred), ma quando suona vuole essere Gene Krupa. O quell’incredibile talento di Mauro Porro, un uomo che farebbe jazz anche suonando le raggiere di una bicicletta, con quell’aria svagata da figlio naturale di Benny Goodman.

Vince, Isa e i loro colleghi, maestri di danza da ogni dove, dimostrano anche che lo swing mantiene giovani: sono passati otto anni, ma sono sempre uguali e la loro voglia di svegliare Como non è venuta meno. Tutti gli altri dovrebbero guardare, imparare e studiare: non solo l’enorme successo che vede in piazza Cavour sempre più gente, che balla o che guarda, ma anche le presentazioni bilingui per non tagliare fuori i numerosissimi turisti, il sito con tutti i consigli utili per muoversi per la città (anche in questo caso con puntuale versione inglese), le partnership create ad hoc con realtà ben disposte ad accogliere il festival come La Bottega di piazza Volta, che ha ospitato due jam session di energica allegria, come il Made Club che, da quando è nato lo “Swing Crash” ha cambiato nome e proprietà almeno due volte, ma l’“after midnight” non si mette in discussione così come il salvataggio della serata nella domenica di clamoroso maltempo, come il Collegio Gallio, che permette di svolgere i “dance camp”.

E come il Fresco Cocktail Shop, gestito da Andrea Attanasio che ha per “mission” il recupero di ricette americane di tanti anni fa, proprio quelle che si bevevano eludendo il Proibizionismo: ieri sera i superstiti, stanchi ma felici, si sono ritrovati lì per l’ultimo saluto con l’arrivederci all’anno prossimo.

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