“Tempi nuovi”: a teatro
la sbornia tecnologica

Al Manzoni di Milano lo spettacolo di Cristina Comencini: «Una famiglia travolta dalla modernità»

Viviamo in un mondo investito da cambiamenti veloci e sorprendenti, che riguardano non solo la tecnologia, i mestieri e i saperi, ma anche i rapporti umani. Su questa realtà, sotto gli occhi di tutti, riflette Cristina Comencini nel suo ultimo spettacolo teatrale, “Tempi nuovi”, scritto di getto qualche anno fa e ora in scena al teatro Manzoni di Milano fino al 24 febbraio (biglietti 23/35 euro).

«Ogni giorno ci viene chiesto di stare in questa tempesta permanente - spiega l’autrice e regista romana, figlia del grande maestro della commedia all’italiana Luigi Comencini - ma siamo uomini e facciamo fatica ad adattarci, così succede ai personaggi della mia pièce».

In scena ancora una volta la famiglia, tema molto caro alla regista, che ammette: «Le famiglie stanno cambiando, non son più quelle di una volta, ma il senso di comunità familiare è ancora un desiderio molto forte».

E allora troviamo Giuseppe, uno storico che vive circondato da migliaia di libri, interpretato da Maurizio Micheli. «Sono qui per un fatto doloroso – dice l’attore - sostituisco infatti Ennio Fantastichini che ci ha lasciati da poco. Io sono diverso da lui, sono un comico, ho cercato di adattarmi il personaggio e devo ammettere che non è stato così difficile, perché davvero nella vita sono un passatista, non ho il computer e nemmeno la carta di credito. Possiedo il cellulare solo perché me lo hanno imposto».

Al suo fianco sul palcoscenico c’è la moglie Sabina, una giornalista che ha cercato di stare al passo con i tempi e che per questo si sente moderna. Un ruolo inedito per Iaia Forte, abituata a personaggi estremi, ma anche molto stimolante.

In questa pièce di contrasti che sconvolgono comicamente la vita di tutti, spiega la Comencini, è il non adeguarsi che butta all’aria tutto. Qui è il padre che scopre che dietro la modernità ci sono tante incertezze e tante domande.

Ma quello di Giuseppe non sarà l’unico colpo di scena: la notizia bomba della figlia Clementina (interpretata da Sara Lazzaro) sulla sua vita privata sarà sconvolgente tanto quanto i progressi della tecnologia. A volare leggero nella sua epoca fatta di collegamenti rapidi e senza legami con il passato, è il figlio Antonio (Nicola Ravaioli), che però per fare il compito sulla Resistenza capisce di aver bisogno del sapere del padre.

«Il nocciolo della questione - spiega il giovane attore - non è la tecnologia, che in molti campi ci ha cambiato in meglio la vita, ma il suo utilizzo ed emerge bene da questo spettacolo che io considero per più generazioni». La scenografia, una grandissima biblioteca, opera dell’altra artista di casa Comencini, Paola, suggerisce alla regista un’ulteriore riflessione sull’importanza dello studio e dell’approfondimento, che va ben oltre alle notizie facilmente reperibili su Wikipedia.

«La scuola – conclude Cristina Comencini - è la cosa più importante per sanare le ingiustizie in un Paese così diversificato tra Nord e Sud come l’Italia. Non dimentichiamoci che negli anni Sessanta ha permesso una mobilità sociale pazzesca».

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