Cultura e Spettacoli
Sabato 25 Aprile 2009
Ulisse a Lezzeno,
emozioni classiche
Prove generali per "El Baloss" di Basilio Luoni. La scrittrice Gabriella Baracchi le ha seguite per La Provincia e le racconta in prima persona. Il debutto dell'opera in lezzenese, tratta dall' "Odissea" di Omero, è previsto il 19 giugno
Lezzeno, venerdì 17 aprile, ore 21.
Ho avuto il privilegio di assistere a un’anteprima furtiva de El Baloss di Basilico Luoni, tratto da l’Odissea di Omero. La prima sarà il 19 giugno, sempre a Lezzeno, cui seguirà una replica il 21. Non ho pianto a teatro. L’altra sera a Lezzeno, sì. Quando Laerte (che non sa ancora di avere davanti a sè il figlio), dice a Ulisse: se curo i luoghi, le piante, è come se curassi la sua persona. Se stanno bene i fichi, gli ulivi, i peschi, allora anche lui sta bene, e l’importante è questo. A me basta che non mi manchi il fiato. Se respirano i campi, se cresce bene il ragazzo (il giovane servo), se non si ammalano le piante, se dopo l’inverno spuntano i fiori e le foglie... lo strazio di quella voce mi ha riempito gli occhi di lacrime. nelle parole del vecchio padre (che nella prima scena come nella parte iniziale dell’ultima, appare svanito, perso nel mondo del riordo) ho sentito la forza dell’amore che lo tiene in piedi, muove ancora i suoi vecchi anni e gli fa pre-sentire, in quello che può apparire quieta follia, ciò che sta per accadere. Quando avevo letto "El Baloss" mi ero chiesta come avrebbe fatto, Basilio, a tradurre in scene una materia così complessa, a rendere luoghi e situazioni così diversi, a far muovere sul palcoscenico tanti personaggi. Ho visto. Basilio Luoni è un genio.
Il palcoscenico è spoglio, se non per qualche pancale appeso alle pareti. Sul fondo, una madia in cui si vede un piatto con uva, mele, pere. Le scene - sette nel primo atto e sette nel secondo - si annunciano, una dopo l’altra, con un momento di buio totale. Al riaccendersi della luce sul palco, una conca di rame posata sul pavimento, con dentro poche frasche, è il braciere presso il quale Eumeo farà sedere il viandante - Ulisse - ma è anche il catino dove Euriclea gli laverà i piedi. Due panche, quasi sempre presenti sul palco, ora sono arredo delle stanze dove Penelope tesse la sua tela, ora gli scranni dove siedono i Feaci col loro re Alcinoo; ora il sedile sul quale si accomoda la maga Circe a triturare le sue erbe magiche raccolte in una scodella. E bastano i lenzuoli che Nausicaa e le sue ancelle, piegate sulle ginocchia, battono sul bordo del palco per vederle intente a lavare i panni sulla riva del mare, così come vedi il mare quando i Proci, la mano visiera sulla fronte, si alzano sulla dei piedi a scrutare in fondo alla sala. Scene fatte con niente, ma di una forza e un realismo tali che, per esempio, quando Euriclea, lavati i piedi a Ulisse, avanza verso la platea e fa il gesto di buttare via l’acqua (che non c’è) del mastelletto, io, seduta in seconda fila, d’istinto mi sono tirata indietro. Straordinaria la recitazione di tutti quanti (se si perdona qualche incertezza qua e là, dovuta di sicuro all’emozione della "prima volta") di un testo, straordinario già di se stesso. Senti che dietro c’è un lavoro immane, frutto della passione di Basilio Luoni, prima di tutto, ma anche degli attori-lavoratori, studenti - pronti a sacrificare un numero infinito di sere a provare, perché tutto venga al meglio. Tornerò a vederlo per gustare un’opera dove al dolore composto di Penelope si mescola la freschezza, il piacere del gioco di Nausicaa e le ancelle; la pietas del servo giovane; l’arroganza becera dei Proci. E per commuovermi ancora una volta davanti allo strazio del vecchio padre.
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