Van De Sfroos: «In un disco
tutta l’energia del palco»

Domani uscirà l’atteso live “Quanti nocc”. Il nuovo album di inediti, invece, nella primavera 2020

Meno uno a “Quanti nocc”: domani, venerdì 22 novembre, arriva nei negozi l’album registrato durante i due tour di un ritrovato Davide Van De Sfroos. Dopo una pausa di riflessione al culmine di una carriera che proseguiva, inarrestabile, dalla fine degli anni Novanta, il ritorno sulle scene, in teatro con il “Tour de nocc”, accompagnato da Angapiemage Galiano Persico (violino, tamburello, cori), Riccardo Luppi (sax tenore e soprano, flauto traverso), Paolo Cazzaniga (chitarra elettrica e acustica, cori) e Francesco D’Auria (batteria, percussioni, tamburi a cornice, hang), e all’aperto nei mesi estivi con il “Vantour”, in cui si è completato un settetto con Alessandro De Simoni (fisarmonica e tastiere) e Simone Prina (basso). Ora un ampio riassunto di queste date si snoda sulla lunghezza di un doppio cd e di un triplo vinile che verrà presentato anche Como, a La Feltrinelli di via Cesare Cantù 17 martedì 26 novembre. Stasera, intanto, sarà in concerto al Cinema Teatro Manzoni di Busto Arsizio.

Quali sono i dischi live a cui era affezionato Davide Bernasconi prima di diventare Van De Sfroos?

Sicuramente “Babylon by bus” di Bob Marley & The Wailers, artista con cui ho sempre avuto un legame speciale, è nato lo stesso giorno di mia mamma ed è morto nel giorno del mio compleanno. Anche in questi concerti ha fatto capolino spesso, tra citazioni e ritmi in levare. Mi ha sempre emozionato il concerto al Central Park di Simon & Garfunkel e poi dischi pieni di energia come il “Live” degli AC/DC con il salto di Angus Young in copertina, l’inevitabile “Made in Japan” dei Deep Purple, “Rock in Rio” degli Iron Maiden, i Metallica con l’orchestra per “S&M”. Poi ci sono i concerti: per me indimenticabile Peter Gabriel all’Arena di Verona e sono molto affezionato al ricordo dei Fleshtones, visti al Rolling Stone con Sench dei Potage. Ora vado con i miei figli e mi sono sembrati fortissimi i Powerwolf.

Sono passati vent’anni da “Bréva & Tivàn” e il primo “Làiv” era uscito nel 2003. Cosa ha imparato da così tanti concerti Davide Van De Sfroos?

Ho imparato a navigare, perché il palco è molto simile al ponte di una nave. Quindi devi saper timonare con i tuoi strumenti, il microfono la chitarra, capire quando il vento tira da una parte o dall’altra, capire quando le onde sono molto agitate e anche quando sono in grado di ascoltare. E devi saperti muovere come Ulisse in mezzo alle sirene che, ti chiedono canzoni, che ti gridano frasi, ma devi riuscire ad andare anche oltre.

Questi due tour sono nati dopo uno stop durato più di un anno.

Com’è stato rimettersi in viaggio?

Ogni tournée è speciale a modo suo: questa volta mi sono imbarcato con un equipaggio quasi tutto nuovo, riprendendo il largo e, in effetti, questa volta poteva essere abbastanza dura, perché non era scontato che si ricreasse quell’alchimia. Invece sul palco ho avvertito una grande energia e anche chi sta sotto mi ha testimoniato a più riprese e in mille diversi modi di essere anche più che soddisfatto.

Quali sono le differenze tra suonare “in coperta” e sottocoperta?

Nel teatro c’è molta bonaccia, l’ascolto è incredibile e, infatti, le canzoni registrate nel “Tour de nocc” sembrano quasi un disco di studio. Non abbiamo ritoccato quasi niente, abbiamo lasciato tutto “unplugged”, con quei suoni caldi e morbidi. I concerti estivi sono il mare in burrasca ed era giusto anche per il pubblico lasciarsi travolgere da brani che hanno bisogno di quella spinta. Abbiamo registrato tutto, durante entrambi i giri, quindi si è potuto scegliere le esecuzioni più convincenti e ne esce, secondo me, un lavoro onesto e veritiero.

Prima si diceva “quasi un disco di studio”.

E il disco di studio?

Basta reticenze, lo ammetto, sono pronto, ma soprattutto sono pronte le nuove canzoni che stanno lì da un po’, scalpitano per poter uscire e sono davvero tante, dovrò operare una scelta.

Perché non un doppio anche in studio, allora?

Non poniamo freni alla provvidenza e neanche alla mia incoscienza, ma vediamo. L’importante è avere trovato una chiave e da gennaio ci chiuderemo a lavorare per avere l’album pronto per la primavera 2020.

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