Veronesi: <Rispettare la volontà del malato
E depositarla in un documento>

L'oncologo Umberto Veronesi venerdì 10 ottobre alle Ratti Lectures
<L'autodeterminazione è un diritto imprescindibile, soprattutto nella malattia>

«Testamento biologico: una scelta etica» è il tema dell’incontro con l’oncologo Umberto Veronesi, fondatore dell’Istituto europeo di Oncologia di Milano, che si terrà venerdì 10 ottobre alle 21 in biblioteca a Como. L’incontro è il primo appuntamento del nuovo ciclo delle Ratti Lectures della Fondazione Antonio Ratti, un progetto a cura del direttore Mario Fortunato.
Professor Veronesi, le problematiche di fine vita sono sempre più al centro del dibattito: qual è la sua posizione su casi come quello di Eluana Englaro?
La mia posizione è che la volontà del paziente va sempre rispettata e che l’autodeterminazione della persona è un diritto imprescindibile anche e soprattutto se la persona  si trova in una situazione di debolezza, quale è la malattia. Nei casi di coma permanente irreversibile, (sono migliaia in Italia)  questa volontà oggi non è quasi mai rintracciabile, perché la vita artificiale è un esito accidentale delle moderne tecniche di rianimazione, e dunque il malato non solo non può esprimere di persona il suo volere, ma neppure può prevedere di trovarsi nella situazione di doverla esprimere. L’unico modo per evitare le problematiche che solleva una vita artificiale, è disporre di un documento scritto, il testamento biologico, che testimoni la volontà della persona in condizioni di piena lucidità. Il caso di Eluana  è particolarmente controverso, proprio perché non c’è un documento scritto, ma una volontà "ricostruita" della ragazza di  non voler vivere come un vegetale. Per quanto la ricostruzione sia ineccepibile dal punto di vista giuridico, è normale  che questo punto sollevi molto dibattito.
Il dibattito tocca temi scientifici ed etici. Da scienziato, qual è secondo lei il limite fra la vita e la morte?
La diagnosi di morte non è un parere. Esistono criteri scientifici e norme internazionali per la sua definizione :  criteri cardiologici, respiratori e neurologici. Dal punto di vista medico è un processo che ha come momento centrale la cessazione di tutte le funzioni dell’encefalo
Eticamente, a quale sistema di valori religiosi o laici fa riferimento nelle sue valutazioni?
La morte è un evento biologico che è parte stessa del DNA di tutti gli esseri viventi. La necessità di un sistema di valori di riferimento per diagnosticarla, è nato proprio dalla "forzatura" degli eventi naturali da parte della medicina moderna, che riesce in alcuni casi a prolungare artificialmente la durata di alcune funzioni dell’organismo. Il riferimento è dunque ai fondamenti della bioetica, che è nata è nata nel 1970 con Von Potter che, nel suo <Bioethics: a bridge to the future>, sostiene che l’etica deve ispirarsi alla biologia dell’uomo e si dichiara preoccupato dello sviluppo di tecnologie che alterano gli equilibri dell’esistenza umana. Per la bioetica, è importante il rispetto delle leggi naturali. Ad esempio in base alle leggi della natura Eluana doveva morire 16 anni fa.
A che punto è il suo impegno a favore del testamento biologico?
Sono stato il primo promotore in Italia del movimento di opinione della società civile che ha portato in Parlamento il dibattito sul Testamento Biologico. Ho presentato in Senato anche un mio disegno di legge che riassume in nove articoli i punti per i quali mi batto da sempre, in favore della libertà di decidere e del diritto all’autodeterminazione del malato.
Un altro aspetto del rapporto tra medicina e malato è il cosiddetto accanimento terapeutico: come si è regolato nella sua attività di medico?
Io penso che l’accanimento terapeutico non esista. È un termine italiano, coniato per esigenze forse mediatiche, che infatti non ha corrispondente in altre lingue, tanto meno in linguaggio medico-scientifico. A ben pensarci è in sé un ossimoro. Accanimento è una parola che indica violenza e aggressività, che è l’opposto di terapia che indica invece un atto amorevole, teso al bene della persona che ne è oggetto. Ma quale medico si accanisce  contro il paziente invece di curarlo? Il problema non esiste nella mia attività, come non esiste in quella degli altri medici. Quanto bisogna ostinarsi a curare si decide con il paziente. È tramontata in tutto il mondo l’era della medicina paternalistica, in cui il medico onnipotente decideva il bene e il male per il malato. Oggi il rapporto medico-paziente si ispira al cosiddetto "modello condiviso", in cui le scelte vengono fatte insieme: il medico propone in base a scienza e coscienza e il paziente decide in base alla sua storia personale, il suo vissuto della malattia e al suo sistema di valori.
La volontà del paziente secondo lei è l’estremo baluardo da difendere?
Più che estremo, direi il primo baluardo.
E se il paziente non può esprimersi?
Esiste tutta una letteratura giuridica sull’incapacità e la sua tutela. Io mi sono  occupato della sopravvenuta incapacità di intendere e di volere (e dunque di esprimersi) nell’ambito del mio impegno a difesa dei diritti del malato. Il testamento biologico nasce come strumento per dichiarare anticipatamente la propria volontà, da utilizzare in caso ci ritrovasse nella situazione di non poterla più esprimere di persona.

© RIPRODUZIONE RISERVATA