Cronaca / Lago e valli
Martedì 02 Febbraio 2016
Laglio, il pugile del lago
campione per tre minuti
Il 2 febbraio 1978 moriva Domenico Bernasconi
il boxeur che il 19 marzo 1933 perse il titolo iridato
Per colpa di un gerarca che non voleva vincere senza ko
A due passi da Villa Oleandra, la dimora primaveril-estiva della star George Clooney, c’è una storia che potrebbe rappresentare la “sceneggiatura perfetta” di un film hollywoodiano.
Ironia di un destino beffardo che avrebbe potuto riservare ben altre soddisfazioni a Domenico Bernasconi, pugile di Laglio morto il 2 febbraio del 1978, proprio 38 anni fa. Il bel George non lo sa, o forse qualcosa sa vista la lettera che gli è stata recapitata qualche anno fa (di cui riferiamo a parte) con la storia “del Bernasconi”, che tutti chiamavano “Pasqualino”, considerato che “ai suoi avversari faceva sentire le campane di Pasqua”.
Quasi un film
La trama di quello che forse è riduttivo definire film racconta di un pugile mai domo che contro il panamense (poi naturalizzato americano) Al Brown riuscì nell’impresa epica di essere campione del mondo per “soli tre minuti”.
Era il 19 marzo del 1933, il ring era quello di Milano e in palio c’era il titolo mondiale dei “Pesi Gallo”. Dopo infinite discussioni Al Brown venne squalificato dall’arbitro, dopo essere stato «sbattuto al tappeto da un pugno devastante di Domenico Bernasconi». Accadde alla quarta ripresa. «Era confuso Al Brown e non più in grado in apparenza di continuare il match», si legge in alcuni resoconti dell’epoca. L’inflessibile gerarca (siamo in pieno Ventennio) che vigilava sul match disse però che «un pugile italiano non poteva vincere per squalifica». E così il match riprese dalla quinta ripresa e alla fine Al Brown vinse il titolo mondiale ai punti.
Le cronache del giornalista sportivo de La Provincia del 21 marzo del 1933 furono abbastanza impietose. Accanto ad un resoconto tutto sommato onesto (si riferisce di una non meglio minaccia di squalifica di Al Brown) compariva anche un corsivo piuttosto perfido. «Bernasconi battuto ai punti da Al Brown, il declino di un atleta già fiaccato dalla carriera». “Pasqualino” o meglio “il campione del mondo dei tre minuti” fece spallucce e due mesi dopo era di nuovo sul ring a Manchester, in Inghilterra, dove mandò “ko” l’avversario di turno alla decima ripresa.
Nel frattempo, Al Brown (tornato a New York “coperto” di gloria) sperperò tutti i suoi guadagni “tra lussi e cavalli”. E così morì in solitudine. Ironia della sorte - ma forse è soltanto merito della grandezza d’animo - al funerale di Al Brown c’era solo Domenico Bernasconi. Narra la leggenda che un addetto del cimitero gli chiese: “Sei anche tu un pugile? Con questo fisico”. “Give up”, fu la risposta. Come dire…lascia stare!
Insomma, la storia è passata davvero da Villa Oleandra. A George Clooney, basterebbe insomma percorrere qualche metro a piedi (l’inseparabile Harley Davidson questa volta non serve), alzare lo sguardo leggermente sulla sinistra per notare quella targa con la scritta «Domenico Bernasconi, boxeur, 1902-1978». Il Comune bassolariano ha dedicato anni fa una via al “suo eroe”, nato nel 1092. Si racconta che quella via stretta e ripida – un tempo proprietà privata – un tempo era sterrata e che da lì tutte le mattine Domenico Bernasconi scendeva di corsa per allenarsi.
Tornando a Clooney e al mondo hollywoodiano, la trama potrebbe essere infarcita di episodi curiosi. Leggendarie sono state le sue fughe dalle Olimpiadi di Parigi del 1924, dove conquistò la medaglia d’argento. Troppo forte il richiamo - già a quell’epoca - della Ville Lumière. Così come leggendario e appassionato fu l’amore per Aida Martini, figlia di emigranti liguri, conosciuta e sposata a New York.
Infine, un dettaglio. Domenico “Pasqualino” Bernasconi prima di quel 19 marzo del 1933 aveva già incontrato e battuto (piuttosto agevolmente) Al Brown a Madrid nel 1929. Un match “a senso unico”, che valse a Bernasconi un secondo soprannome, coniato proprio dal pugile panamense: “Calcio di mulo”. Non resta che aspettare il primo “ciak”.
Una pagina speciale su La Provincia di martedì 2 febbraio
© RIPRODUZIONE RISERVATA