Mette un laccio per catturare il tasso
Nella trappola finisce il gatto del vicino

Pensionato di Claino con Osteno denunciato dalla Polizia provinciale

È una vicenda alquanto singolare quella su cui ha fatto piena luce in questi giorni la polizia provinciale guidata dal comandante Marco Testa e che ha portato alla denuncia di un pensionato per maltrattamento (e uccisione) d’animali d’affezione e per utilizzo di mezzi vietati.

Questo dopo che l’uomo ha causato la morte del gatto dei vicini con un laccio piazzato per fermare le fastidiose (a suo dire) incursioni di un tasso nell’orto che coltivava con grande scrupolo.

La vicenda ha preso però la piega sbagliata. Ma andiamo con ordine. La presenza di quel tasso si era fatta davvero ingombrante, tanto che il pensionato aveva deciso di adottare uno stratagemma mutuato dalle antiche pratiche di caccia.

Realizzando cioè in prossimità della recinzione di confine un laccio dentro il quale è finito non il tasso a lungo tenuto sotto stretta osservazione bensì il gatto dei vicini.

E sono stati proprio loro - dopo aver rinvenuto il proprio gatto senza vita - ad allertare la polizia provinciale, che ha poi svolto i rilievi del caso.

Pochi dubbi sulla dinamica dell’accaduto anche perché il pensionato non ha esitato ad ammettere tutti gli addebiti contestati.

Quella del laccio è una pratica assolutamente vietata da oltre mezzo secolo, perseguibile penalmente proprio in ragione della mancanza della cosiddetta selettività (il laccio può catturare indifferentemente specie domestiche o selvatiche, protette o cacciabili che siano) e della sofferenza che provoca prima della morte al malcapitato animale che vi rimane impigliato.

Il pensionato avrebbe dovuto e potuto trovare altri rimedi, sicuramente meno cruenti, per arginare le incursioni del tasso, su tutte quella di rafforzare la recinzione di confine, ricordando peraltro che il tasso è una specie protetta e come tale tutelata in tutto e per tutto.

Essendo un animale prettamente notturno, evidentemente l’uomo ha pensato di porre un argine attraverso il laccio, non potendo curare nell’intero arco delle ventiquattro ore l’orto coltivato con tanta passione. Ma le cose, come detto, sono andate diversamente.

La Legge sulla Caccia - la “157 del ’92” (all’articolo 30 comma 1, lett. H, per la precisione) ne vieta espressamente l’utilizzo prevedendo l’ammenda di diverse migliaia di euro, a cui si aggiunge in questo caso la pena prevista per l’uccisione ed il maltrattamento di un animale d’affezione stabilità ai sensi degli articoli 544 bis e 544 ter del Codice penale.

(Marco Palumbo)

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