Mezzegra: «Basta nostalgia
e basta divisioni»

In 250 alla messa di suffragio a Mezzegra

dove vennero giustiziati Mussolini e la Petacci

«Questa non è una commemorazione politica, ma un incontro di preghiera. Il giudizio ultimo sulla vita di una persona non lo danno nè gli amici, nè i nemici, nè la storia. Solo Dio può giudicare».

Così don Luigi Barindelli, 86 anni portati con piglio deciso, ieri durante l’omelia per l’annuale messa a suffragio di Benito Mussolini e Claretta Petacci.

Così quest’anno in 250 (400 secondo gli organizzatori, la neonata Associazione culturale Mario Nicollini guidata da Primo Turchetti) hanno risposto “presente” al tradizionale appuntamento a Mezzegra; un evento che, oltre alla chiesa parrocchiale, ha interessato anche il cancello di Villa Belmonte.

Dal vocabolario dell’annuale celebrazione è scomparso il termine “nostalgia”. Un concetto ritenuto sorpassato, o comunque non più calzante, riassunto nel pensiero di Giampiero Castelli, responsabile regionale della Fiamma Tricolore.

«No retorica, no nostalgia, no folclore - ha dichiarato Castelli - Chi è morto per l’Italia, indipendentemente dal pensiero, va onorato».

Nel suo intervento, don Luigi Barindelli ha affrontato anche i riflessi che i fatti del 28 aprile 1945 hanno ancora sull’attualità. Nel dettaglio, ha fatto riferimento alla foto scattata da Ugo Vincifori, ad Azzano di Mezzegra in cui in primo piano si vede una chiazza di sangue: il sangue dei gerarchi fucilati a Dongo.

«È una macchia di sangue italiano, ce ne sono state tante altre - ha detto don Barindelli - Non siamo ancora riusciti a dimenticare quelle macchie, che portano ancora divisioni e rancori. E ciò non rappresenta un bene per l’Italia, Paese che ha bisogno di unità».

L’articolo completo sul giornale in edicola.

© RIPRODUZIONE RISERVATA