«Tutta la famiglia arricchita dall’usura»
L’indagato resta in cella nonostante l’età

I giudici del Tribunale del riesame respingono la richiesta di libertà per Gabro Panfili

Como

Niente domiciliari. Men che meno libertà. I giudici del Tribunale del riesame di Milano hanno respinto la richiesta di annullamento della custodia cautelare in carcere per Gabro Panfili, 74 anni, usuraio già con sentenza definitiva di patteggiamento sulle spalle e tornato nei guai sempre con la stessa accusa: quella di aver prestato denaro “a strozzo”. Poco importa se Panfili ha superato i settant’anni: secondo i giudici le esigenze cautelari a suo carico sono di «eccezionale rilevanza» e il rischio che possa inquinare le prove o reiterare il reato è assolutamente concreto.

Il blitz della finanza

Panfili, assieme a Paolo Barrasso, 58 anni di Como, dipendente di una cooperativa che si occupa di infrastrutture ferroviarie alla stazione di Chiasso, e Giovanni Gregorio, residente a Bellagio ma domiciliato di fatto a Como, è ai domiciliari in quanto ultra ottantenne, era stato arrestato il 9 novembre scorso nell’ambito di un’indagine su un giro d’usura denunciato, per primo, dal fiscalista comasco Bruno De Benedetto. Il ragioniere con studio professionale dietro al palazzo di giustizia, non solo aveva dato il là con le sue rivelazioni all’indagine, ma è stato determinante pure nella decisione dei giudici del riesame di respingere l’istanza degli avvocati di Panfili di concedere il ritorno dell’ex funzionario dell’Automobile Club di Como nella sua villa di Laglio.

De Benedetto ha raccontato, infatti, di essere stato avvicinato - le settimane precedenti all’arresto - da Panfili in un bar di Como per convincerlo a rettificare le dichiarazioni rese ai militari del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Como. In quell’occasione il ragioniere comasco chiede a Panfili la restituzione di 10mila euro in assegni che gli aveva lasciato in custodia, ottenendo la rassicurazione: «A novembre vado nella mia casa in Costa Azzurra - nel villaggio medievale di Tourrettes-sur-Loup - dove li custodisco e li prendo».

Pericolo di reiterazione

Ma al di là del pericolo di inquinare le indagini, facendo sparire prove o cercando di far cambiare versione ai testimoni, Panfili - secondo i giudici del riesame - potrebbe ancora reiterare il reato. I magistrati, infatti, sottolineano «i contatti ramificati, le capacità operative, le modalità insinuanti con le quali» l’indagato «dall’esposizione debitoria riusciva ad ottenere dai debitori progressivamente importi non onorabili che determinavano la vendita degli immobili a loro disposizione». Una capacità che «ha origini risalenti nel tempo», scrivono i giudici, che poi sottolineano come «in questa attività risultano sicuramente coinvolti» anche «i famigliari, posta l’intestazione di alcuni immobili anche alle figlie, l’utilizzo del negozio di Como intestato alla moglie come “ufficio”».

Il quadro che l’ordinanza del riesame fa dell’indagato è tutt’altro che positivo: «Oltre a gestire un’attività illecita per la quale era già stato condannato, ha ulteriormente evoluto tale attività, arricchendola ed avvalendosi dell’apporto» dei propri cari «con diversi livelli di coinvolgimento, tutti peraltro finalizzati ad accumulare ricchezza in capo al nucleo familiare».

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